I sindaci ci vogliono bene, vogliono vederci felici, contenti, gioiosi. Come se fossimo mamma e papà, pur essendo due mamme o due papà. Ormai nei municipi non si parla più di case popolari, rifiuti o trasporti. No, ora la priorità sono i desideri dei grandi. Nessuno – va premesso – sogna solo lontanamente di impedire l’amore tra coppie omosessuali. Non è più l’epoca, si potrebbe dire a chi manifesta invece livore contro persone che vivono con persone dello stesso sesso. Ma il tema va oltre e riguarda i bambini. E finisce nel limbo della maternità surrogata e dell’utero in affitto. Bimbi on demand. E i sindaci italiani – in assenza di una legge – vogliono trasgredire pure loro. Vogliono disobbedire. No, non avremo omosindaci, bensì primi cittadini che si arrogano il diritto di trascrivere all’anagrafe cittadina bambini “nati” da coppie gay. Il che dovrebbe essere abbastanza complicato.
Un altro sindaco “disobbediente” si è materializzato ieri a Savona. Si tratta di Marco Russo, che ha iscritto all’anagrafe il figlio di due donne: un piccolo nato nei giorni scorsi nella città ligure e concepito a Barcellona con la fecondazione assistita di una delle due mamme. È il primo caso in Liguria dopo lo stop alle trascrizioni, deciso dal governo. «Il 28 marzo ho registrato la nascita di un bambino nato a Savona il 18 marzo spiega il primo cittadino L’ho registrato come figlio di una mamma biologica e di una mamma intenzionale». «Questo atto - aggiunge - vuole far giungere al Legislatore una voce, non solo dall’alto delle Supreme Corti, ma anche dal basso del Paese reale, con cui i Sindaci sono in contatto e del quale sono in qualche modo l’espressione».
RISERVATEZZA
Ovviamente al sindaco di Savona sfugge ogni possibile riferimento alla figura paterna che mancherà alla creatura. Russo ha raccontato ai giornalisti tutto quella che ha “provato”, la “fortissima emozione”, ma per “riservatezza” non lo dice. Praticamente un santo. Comunque l’atto di nascita firmato dal sindaco di Savona è stato trasmesso alla prefettura. Gli uffici del prefetto hanno preso atto meramente dal punto di vista amministrativo della non conformità dell’atto rispetto alla normativa vigente, il decreto con le disposizioni che regolano gli atti di stato civile che non prevede nella registrazione figurino due persone dello stesso sesso, e trasmesso a loro volta agli uffici centrali del ministero dell’Interno e, come atto dovuto, anche alla procura della Repubblica, l’unica eventualmente autorizzata ad intervenire in materia.
Sul tema si schiera – immancabilmente – anche il presidente dell’Anci, l’associazione dei comuni, il sindaco di Bari Antonio Decaro. Per lui, il tema «delle trascrizioni è un tema dei diritti dei bambini. Iole ho sempre fatte le trascrizioni. Perché a me non interessa dove è nato il bambino, come è nato. Se risiede nella mia città mi interessa come vive quel bambino. Quel bambino deve avere gli stessi diritti degli altri bambini». Non è chiaro però quali diritti sarebbero negati senza la trascrizione.
Idem per Giuseppe Sala, primo cittadino di Milano, e per quello di Roma, Roberto Gualtieri. Tutti del Pd, in un miscuglio tra Elly Schlein e i rimbrotti del Parlamento europeo all’Italia. Poi, a Roma, anche un corteo di un migliaio di trans, benedetto dal Campidoglio. Come si dice di questi tempi, una manifestazione colorata, soprattutto di rosso...: «Abbiamo diritto a studiare con la nostra identità». «Più umani e meno fascisti». E ancora: «Giù le mani dalla carriera alias», questi alcuni degli slogan che si leggevano sui cartelloni e i manifesti degli attivisti riuniti a piazza dell’Esquilino, a Roma, alla prima manifestazione in Italia per i diritti delle giovani persone trans. Non poteva mancare, sulla scalinata del Campidoglio, al termine della manifestazione un flash mob. Gli attivisti si sono infatti spostati sulla scalinata del Campidoglio e i ragazzi e le ragazze hanno srotolato lungo i gradini la grande bandiera di 50 metri che ha accompagnato tutto il corteo, dando vita all’ultimo atto della giornata.