Era una delle promesse fatte da Giorgia Meloni il giorno in cui chiese la fiducia al parlamento: «L’obiettivo che ci diamo è intervenire gradualmente per arrivare ad un taglio di almeno cinque punti del cuneo in favore di imprese e lavoratori, per alleggerire il carico fiscale delle prime e aumentare le buste paga dei secondi». Ieri il consiglio dei ministri ha fatto un passo avanti in questa direzione, annunciando, assieme alla presentazione del Documento di economia e finanze per il triennio 2024-2026, uno stanziamento di 3 miliardi. Sebbene in uno scenario internazionale «incerto e rischioso», infatti, l’economia italiana va meglio del previsto, con una crescita che a fine anno si assesterà all’1%. Di questo passo, al termine del 2023 il deficit dovrebbe essere pari al 4,35% del Pil. Ma l’obiettivo fissato dal governo era 4,5% e resterà tale: anziché migliorare un po’ i conti pubblici, la premier e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, hanno deciso di usare quel “tesoretto”, pari appunto a 3 miliardi, per aiutare i lavoratori. Non tutti, però: gli uffici di Giorgetti spiegano che si è deciso di concentrare l’intervento su «un taglio dei contributi sociali a carico dei dipendenti con redditi medio-bassi». Un provvedimento «di prossima attuazione» rimpinguerà un po’ le loro buste paga «a valere sull’anno in corso».
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Dovrà invece attendere “quota 41”, la riforma delle pensioni caldeggiata dalla Lega, della quale non c’è traccia nel Def. «La priorità è sostenere i ceti più svantaggiati», ha spiegato il ministro Adolfo Urso, di Fdi, «e lo abbiamo fatto anche per quanto riguarda il taglio del cuneo fiscale. Poi, ovviamente, dovremo affrontare i problemi che riguardano l’equità pensionistica, ma siamo un governo prudente». Concetto sul quale ha insistito anche Giorgetti: «La prudenza di questo documento è ambizione responsabile». È con un occhio attento ai conti, quindi, che il governo s’impegna a fare le prossime riforme. L’obiettivo, dice il ministro dell’Economia, è «riaccendere la fiducia nel futuro tutelando la natalità e le famiglie, anche attraverso la riforma fiscale, che privilegerà i nuclei numerosi». È la linea che la premier, durante la riunione, ha dettato ai ministri: «Dalla prossima legge di bilancio bisogna porsi con concretezza il problema del calo demografico e delle nuove nascite, con misure adeguate». Confermata l’intenzione di portare avanti il risanamento avviato dal governo Draghi. Per la Meloni è motivo di orgoglio: «Stabilità, credibilità e crescita. Rivediamo al rialzo con responsabilità le stime del Pil e proseguiamo il percorso di riduzione del debito pubblico. Sono le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa», dice a fine giornata.
SCENDE IL PESO DEL FISCO
Nel 2022, infatti, il rapporto tra debito e Pil è risultato pari al 144,4% e il governo assicura che continuerà progressivamente a scendere: nell’anno in corso è previsto che tocchi il 142,1%, per raggiungere il 140,4% nel 2026. E se non ci fosse stata la detrazione del 110% delle spese sostenute per le ristrutturazioni, fanno sapere dal ministero dell’Economia, le cose sarebbero andate assai meglio: «Non possono essere ignorati gli effetti di riduzione del rapporto debito/Pil che si sarebbero potuti registrare se il Superbonus non avesse auto gli impatti sui saldi di finanza pubblica che sono stati finora registrati». La prudenza contabile non dovrà comunque impedire il calo della pressione fiscale: nel Def si legge che questa scenderà dal 43,3% del 2023 al 42,7% del 2026. E nel 2024 è già previsto che ci sia il margine per un taglio delle tasse pari a circa 4 miliardi di euro. Rispettare gli impegni presi per il risanamento dei conti pubblici aiuta anche a trattare con Bruxelles sulla correzione del Piano di ripresa e resilienza. Il governo è infatti al lavoro per ottenere la terza rata del Pnrr e conferma che sono «in corso le interlocuzioni con le istituzioni europee per la revisione e la rimodulazione di alcuni degli interventi previsti».