«Le femministe che chiedono alla Schlein di rivedere le proprie posizioni sulla gestazione per altri non sono 100 ma 101. Non vedo come si possa sostenere che quella sulla maternità surrogata sia una battaglia di sinistra e di uguaglianza. È una pratica schiavistica dove il ricco compra il povero. Non mi vengano a dire che è un atto di amore. Ci crederò quando una miliardaria farà figli per la sua domestica o le americane per le africane. Vorrei piuttosto che uno di questi governi si mettesse la mano sulla coscienza e permettesse alle coppie gay di adottare i bambini». A rincarare la dose dopo l’appello delle 100 femministe è Barbara Alberti, scrittrice, volto noto della tv, da sempre attenta narratrice del mondo femminile. Non chiamatela femminista: «Non ho mai partecipato a collettivi. Ho espresso il mio pensiero di volta in volta». Anche perché – ci chiarisce «un movimento femminista nel quale riconoscersi non esiste. Ci sono persone come Marina Terragni che hanno il coraggio di avere un pensiero proprio e non si arrenderà mai al pensiero unico».
Presto sugli schermi di Sky uscirà il film tratto da uno dei libri più celebri di Barbara Alberti, Vangelo secondo Maria con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann per la regia di Paolo Zucca.
Signora Alberti, insomma, possiamo dire che lei, neo-ottantenne, continua serenamente il suo percorso controcorrente ma senza causare incidenti, giusto?
«Ogni giorno mi sembra una grazia. Sono lieta di essere libera e fare quello che voglio, vedendo solo le persone che amo. L’amore conta più del genere. Ci si innamora dell’essenza di una persona, il sesso viene dopo».
È serena ma anche determinata su un tema come la gestazione per altri, ci par di capire...
«Sentire la sinistra che sostiene lo schiavismo mi fa male al cuore. Mi auguro che la Schlein ascolti l’appello delle cento femministe più una».
Recentemente l’abbiamo anche sentita esprimersi con durezza sullo schwa che dovrebbe essere una sorta di linguaggio al di sopra dei generi, salvo seguire spesso il filone della cosiddetta cancel culture...
«Le donne sono state bruciate come streghe, non possiamo essere noi adesso a praticare la censura e accendere i roghi. Non possiamo diventare gendarmi, dobbiamo restare streghe, sommuovere il mondo proprio per l’audacia maggiore che ci viene dalla nostra condizione. La donna è un animale sognante».
Lei ha detto: compio 80 anni senza nessun merito. Allora partiamo dalle colpe. Se il mondo va come va, secondo lei le colpe sono più degli 80enni che hanno sbagliato o dei più giovani che non hanno capito?
«Non mi faccia queste domande del ca***. Che ne so! (Ride) L’uomo è stolto. Dove siamo? Sull’orlo della guerra. Siamo nel medioevo. Non abbiamo imparato nulla. La scienza ha raggiunto vette importanti. Mio marito si ruppe un femore a trent’anni e dovette fare sette mesi di riabilitazione, oggi in un mese ti rimettono in piedi. Ma l’uomo è un animale suicida. Di cui scienza e tecnologia hanno anche moltiplicato la stupidità. L’unica cosa che ci consola è dare la morte. Pensi a Putin che ha riportato in Europa la guerra che la mia generazione aveva avuto la fortuna di non ricordare: ha 73 anni, forse un tumore, non può decidere sulla propria morte ma facendo scelte da tiranno decide sulla vita e sulla morte di qualche milione di persone. Come fece Hitler che si suicidò nel bunker, costringendo a morire anche tutti gli altri perché nessuno potesse dire che lui era morto».
Non mi ha detto però se c’è una generazione più colpevole di un’altra...
«Penso che la responsabilità se c’è sia nella natura umana. Se esiste un Dio dev’essere di una cattiveria, come diceva Voltaire molto prima di me... Giovani, vecchi siamo tutte piccole formiche in balìa del mercato. La morte è stata censurata dalle coscienze perché i morti non comprano. Noi siamo consumatori, mica siamo uomini.
Un giovane ormai uccide per le scarpe firmate. Ma sono figli nostri, figli del consumo. Li abbiamo educati così. Stanno edulcorando il linguaggio perché deve finire tutto come nelle pubblicità. Tutto bene, rinnegando la tragedia umana. Il punto è che si nasce, si vive, si muore. Se ci mettiamo d’accordo su questo possiamo ridere quanto ci pare, ammettendo la verità. Io ho passato la vita ridendo. Ma questa censura sulla verità, sul linguaggio e sui fatti umani diventa una camicia di forza incredibile».
Vittorio Sgarbi facendole gli auguri si è rivolto a lei come a una donna che potrebbe essere anche un uomo. Lei, Barbara, si sente fluida?
«Non ho mai calcolato di che sesso fosse la persona che mi suscitava amore quando mi è capitato questo sommovimento del pensiero capace di metterti il terzo occhio! Quando ami hai un’audacia intellettiva oltre che fisica. Solo l’amore te lo da. E tu vai a guardare se è maschio o femmina? Sarebbe una bestemmia. Proprio Sgarbi, una volta rivolto ai suoi amici maschi che erano gelosissimi di me, a differenza delle sue donne, disse la più bella frase d’amore che mi sia mai stata rivolta: “Ragazzi, non siate gelosi della Alberti perché lei è un frocio come noi!”» (ride).
In questi primi ottant’anni lei si è mai innamorata di una donna?
«Certo che sì. Mi sono innamorata di tutti. Adesso andiamo dallo psicologo quando ci innamoriamo ma si dovrebbe andare dallo sciamano che non ne sa nulla lo stesso».
Torniamo alla politica. Giorgia Meloni e Elly Schlein. Improvvisamente l’Italia ha scoperto non una ma due donne leader. Che ne pensa?
«Da un punto di vista puramente antropologico in entrambe vedo una vitalità, una sincerità, una voglia di fare. Qualcosa che molto raramente ho visto in politica. Non so cosa ne verrà fuori. Con tutte le facce da morti o da volpi che hanno attorno, in loro vedo due persone sincere e con grande voglia di lavorare».
E vede qualcuno, tra i tanti ambiti culturali che lei frequenta, che le somiglia?
«Ci sono tante persone libere che mi piacciono moltissimo. Potrei fare un elenco ma dovrei metterne un centinaio di nomi. Ne faccio uno soltanto: Massimilano Parente, autore con Giulia Bignami, del libro Vorrei essere Freddie Mercury che fa l’antipatico ma è pura infanzia, e gioco, e follia solenne della lingua. Nella letteratura contemporanea le dico che ci sono attualmente almeno trenta geni. Segno che il mondo muore ma l’arte no».