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Ucraina, la fuga di notizie un trucco degli Stati Uniti

di Maurizio Stefanini mercoledì 19 aprile 2023

3' di lettura

Dopo aver iniziato a produrre razzi per Mosca, adesso l’Egitto ha deciso invece di fornire munizioni a Kiev. È una situazione che sta portando a evoluzioni imprevedibili quella della guerra in Ucraina, e così assieme al caso di Paesi già simbolo del neutralismo che chiedono di entrare nella Nato con governi di sinistra tipo Svezia o Finlandia; assieme a un Brasile in cui Lula prima esordisce nella presidenza col farsi una foto con Biden e poi si schiera sempre più con la Russia; assieme all’India che fa affari con la Russia ma stringendo legami militari con l’Occidente; assieme a una Turchia che fa affari con la Russia ma arma l’Ucraina; abbiamo anche queste giravolte di al-Sisi. È vero: forse non del tutto spontanee.

È infatti il Washington Post a scrivere: «L’Egitto ha sospeso un piano per fornire segretamente razzi alla Russia il mese scorso a seguito di colloqui con alti funzionari statunitensi. Ha quindi deciso di produrre munizioni di artiglieria per l’Ucraina, secondo cinque documenti di intelligence statunitensi trapelati». Ma lo stesso Washington Post una settimana fa aveva tirato fuori un altro documento che «rivelava un piano segreto del presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi, a febbraio, per fornire alla Russia fino a 40.000 razzi Sakr-45 da 122 mm, che possono essere utilizzati nei sistemi di lanciarazzi multipli», aggiungendo che «Sisi ha incaricato i suoi subordinati di mantenere segreto il progetto “per evitare problemi con l’Occidente”».

Invece il segreto era saltato, così come quello sulla evoluzione successiva. I nuovi documenti, che il Washington Post ha ottenuto da materiale presumibilmente pubblicato sulla piattaforma Discord dalla talpa scoperta nei giorni scorsi, «sembrano mostrare Sisi all’inizio di marzo fare marcia indietro rispetto ai precedenti piani per rifornire Mosca, una scelta che avrebbe rappresentato uno smacco verso il più generoso alleato occidentale del Cairo, gli Stati Uniti». Spiega sempre il quotidiano che «Washington ha cercato di arruolare nuovi sostenitori e ottenere munizioni di cui aveva un disperato bisogno per la lotta di Kiev contro le forze russe». L’Egitto intendeva utilizzare la sua capacità di produrre armi per l’Ucraina come leva per ottenere articoli militari statunitensi avanzati. «Nel loro insieme, i documenti forniscono una nuova visione della diplomazia cauta, ma allo stesso tempo ad alto rischio, dell’amministrazione Biden con i paesi che hanno cercato di rimanere ai margini dell’intensificarsi della situazione di stallo di Washington con Mosca. Mostrano anche come la grande competizione per il potere abbia permesso all’Egitto di cercare nuovi vantaggi mentre il suo rapporto con gli Stati Uniti diventa meno cruciale: più meno come la Turchia».

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LA TALPA

Viene dunque il dubbio su quali possano essere state le vere cause della fuga di notizie. Una cosa di battitori liberi, alla Assange? Lo spionaggio russo? Una precisa manovra Usa per bloccare un alleato sleale? Una filtrazione pilotata dallo stesso al-Sisi apposta per tirare avanti il ricatto? Nel documento reso noto una settimana fa il presidente egiziano parla con qualcuno di nome Salah al-Din. Secondo il Washington Post potrebbe essere Mohamed Salah al-Din, segretario di Stato per la produzione militare. Questo Salah al-Din suggerisce che i dipendenti faranno gli straordinari se necessario, poiché «è il minimo che potessimo fare per gli aiuti passati della Russia», senza specificare a quali aiuti si riferissero. La stessa intercettazione riportava l’affermazione dei militari che «i russi compreranno qualsiasi cosa» in termini di armi e munizioni. L'ambasciatore Ahmed Abu Zeid, portavoce del ministero degli Esteri egiziano, aveva risposto alle richieste di chiarimento del giornale sostenendo che «la posizione dell’Egitto fin dall’inizio è di non intervento (...) per mantenere una pari distanza con entrambe le parti». Da ricordare che l’Egitto, grande importatore di generi alimentari, è stato molto danneggiato per i problemi all’export ucraino provocati dalla guerra. 

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