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"I soliti comunisti!": quelli che danno la caccia a Berlusconi anche da morto

di Fausto Carioti mercoledì 14 giugno 2023

4' di lettura

Anche da morto, Silvio Berlusconi riesce a tirare fuori il peggio dai suoi avversari. E a dividerli, come ha fatto negli ultimi trent’anni. C’è infatti una sinistra che conosce le regole del gioco e le accetta. Sa valutare il peso degli avversari, l’importanza che hanno avuto nelle istituzioni e nella storia del Paese, e quindi trova normale che il fondatore di Forza Italia e del centrodestra, l’uomo che ha rivestito il ruolo di presidente del consiglio per 3.342 giorni - più di chiunque altro - abbia diritto ai funerali di Stato, peraltro previsti dalla legge per tutti gli ex capi di governo, e alla proclamazione del lutto nazionale.

Un nome su tutti: Romano Prodi. Il fondatore dell’Ulivo, prima della scomparsa della moglie, avvenuta ieri, aveva assicurato la propria presenza ai funerali del grande rivale, e nelle interviste apparse sui quotidiani ieri mattina ha avuto per lui parole di rispetto. È la sinistra che con Berlusconi ha duellato in modo durissimo, ma non lo ha “mostrificato”, né ha rincorso i deliri di chi lo dipinge come il mandante delle stragi del 1993.

VECCHIE FERITE - E poi, appunto, c’è l’altra sinistra. Quella che, anche per giustificare le proprie sconfitte, continua a rappresentare Berlusconi come un demone corruttore. È incarnata bene da Rosy Bindi, per la quale il lutto nazionale concesso al Cavaliere «è fuori luogo, inopportuno. Il lutto nazionale è per le persone che hanno unito il Paese, non per quelle che lo hanno diviso» (definizione che varrebbe per ogni politico). Dopo aver ricordato il famoso scontro in cui lui la definì «più bella che intelligente», ferita che ancora le brucia, ha contestato pure le qualità imprenditoriali del fondatore della Fininvest: «Porta con sé tanti misteri.Se non avesse avuto la protezione della politica non sarebbe stato un grande imprenditore».

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Naturale, quindi, che la Bindi condivida la scelta di Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, il quale ha deciso di ribellarsi alla proclamazione del lutto nazionale e si è rifiutato di porre le bandiere del suo ateneo a mezz’asta, come la legge prescrive per tutti gli edifici pubblici. «Nessuna santificazione ipocrita» di Berlusconi, ha spiegato l’accademico. «Dalla P2 ai rapporti con la mafia via Dell’Utri, dal disprezzo della giustizia alla mercificazione di tutto (a partire dal corpo delle donne, nelle sue tv), dal fiero sdoganamento dei fascisti al governo alla menzogna come metodo sistematico, dall’interesse personale come unico metro alla speculazione edilizia come distruzione della natura. In questo, e in moltissimo altro, Berlusconi è stato il contrario esatto di uno statista».

Gli hanno risposto in tanti, incluso Matteo Renzi («Questa è gente che se non ci fosse stato Berlusconi non avrebbe avuto la minima visibilità. Sono quelli che vivono di odio e rancore»). Ma subito sul web è partita la raccolta di firme di «solidarietà e consenso» per Montanari, che in serata ha superato le trentamila adesioni.

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TEOREMI RICICLATI - Del resto, sul Fatto quotidiano dove Montanari scrive, l’insulto al defunto era già nel titolo della prima pagina di ieri, «La repubblica del Banana», e nella presentazione di Berlusconi come «finanziatore della mafia». Toni appena diversi, ma identici concetti, su Repubblica: lì Berlusconi è «il primo populista», e abbonda l’inchiostro speso per raccontare «la rete dei mafiosi ad Arcore» e riciclare teoremi che nessuna procura ha mai provato.

È un partito nutrito, che ovviamente comprende i Cinque Stelle. Riccardo Ricciardi, vicepresidente del M5S, si accoda alla Bindi e dice che «fa un certo effetto vedere una caserma della Guardia di Finanza con la bandiera a mezz’asta per ossequiare il ricordo di un uomo che è stato condannato per frode fiscale». Luigi De Magistris, ex magistrato ed ex sindaco di Napoli, contesta la decisione di sospendere le votazioni in parlamento: «I bisogni, le tragedie, i diritti delle persone del Paese possono attendere perché nel nuovo regime bisogna stare una settimana inginocchiati». In realtà i lavori parlamentari saranno fermi solo oggi, giorno dei funerali; già da domani ricominceranno nell’aula di Montecitorio e nelle commissioni di palazzo Madama. Però la bufala gira, rilanciata da tanti. Incluso Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, che critica «la scelta, tutta politica, del lutto nazionale, e le Camere ferme addirittura per una settimana...».

Mentre il microbiologo Andrea Crisanti, senatore del Pd, mostra di non conoscere la legge: «Non posso non esprimere la mia ferma contrarietà ai funerali di Stato, che ritengo inopportuni, così come al lutto nazionale. Non dobbiamo dimenticare che alcune azioni di Berlusconi non hanno avuto alcun rispetto per lo Stato che rappresentava». Sono tanti a pensarla così, in molte parti d’Italia. A Genova Ferruccio Sansa e altri due consiglieri regionali d’opposizione hanno abbandonato l’aula per non partecipare al minuto di raccoglimento per Berlusconi, spiegando che «aveva legami tuttora non chiari con figure legate alla mafia». Lo stesso ha fatto a Milano il piddino Michele Albiani, consigliere comunale e attivista Lgbtq+, che giudica «una vergogna» la proclamazione del lutto nazionale per chi ha portato in Italia «una cultura vomitevole». Anche il suo collega di partito Paolo Romano, nel consiglio regionale lombardo, si è ribellato alla proclamazione del lutto nazionale, accusando Berlusconi di avere promosso «una società patriarcale e sessista». Ha l’aria di essere solo l’inizio.

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