Elly Schlein
Nessuno l’aveva vista arrivare ma ora che Elly Schlein è arrivata la vediamo benissimo. Soprattutto, vediamo benissimo il suo disastro. Il suicidio perfetto del Pd. In soli quattro mesi da segretaria dem la Schlein è riuscita a spaccare il partito. C’è chi la accusa di non avere una chiara linea politica – diritti Lgbtq+ esclusi, sui quali è prontissima – di stare in silenzio quando dovrebbe parlare e di parlare quando dovrebbe stare zitta. Di non essere mai dove dovrebbe essere. Leggasi “altrovismo”. Di non aver toccato palla nella partita delle nomine in Rai. Di essere troppo allineata con Landini prima e con Conte poi. Di avere fatto fuggire i progressisti cattolici. Di aver perso miseramente le amministrative. E chissà che cosa succederà alle europee.
ARMOCROMISTA – Ma andiamo con ordine. Elly viene eletta alla guida del Pd il 26 febbraio. E da allora passano i giorni e le settimane e della Schlein non c’è traccia. Salvo poi apparire improvvisamente, il 25 aprile, mentre infuria la polemica su fascismo e antifascismo, in posa su Vogue Italia. Dove rilascia la sua prima intervista da segretaria del Pd. “Quando hai un lavoro che ti assorbe molto e che magari implica anche una responsabilità verso gli altri, a volte ti senti schiacciato”, confida la Schlein. “Io provo a rimanere comunque sempre in contatto con me stessa, ad ascoltarmi, a capire quando sto tirando troppo e a difendere alcuni spazi. Poi la sera cerco di decomprimere guardandomi una serie tv oppure giocando alla PlayStation”. Quanto al suo look, le sue scelte “dipendono dalla situazione in cui mi trovo”, “a volte sono anticonvenzionale, altre volte più formale. In genere dico sì ai colori e ai consigli di un’armocromista, Enrica Chiccio”. Che paga profumatamente.
TENDE – Gli italiani - pure quelli che votano Pd - scoprono così la professione dell’armocromista finora sconosciuta e si accende il dibattito. È opportuno o no pagare una professionista che abbini i colori dei tuoi vestiti mentre la gente non riesce a saldare le bollette? La Schlein viene travolta da una pioggia di critiche. E a contestarla, pochi giorni dopo, l’11 maggio, sono gli studenti che protestano contro il caro affitti e che si sono accampati in alcune tende davanti all’Università La Sapienza. “Sono segretaria del partito da due mesi e il diritto alla casa è stato messo al centro dell'ultimo congresso del Pd”, cerca di rassicurarli. “Sono venuta a dare sostegno a questa rivendicazione. È chiaro che noi in un ruolo diverso metteremo a disposizione il nostro impegno sia nelle istituzioni che fuori dalle istituzioni, sia a livello nazionale che a livello locale per mettere in campo delle politiche diverse". Nessuno le crede. È la solita supercazzola. “Ora che non sono più al governo vengono a rifarsi le loro passerelle, non si possono rifare una verginità così, hanno le mani sporche per aver distrutto i diritti degli studenti e dei lavoratori", la zittisce uno studente.
ALLUVIONE – La protesta delle tende viene spazzata via il 15 maggio insieme all’alluvione senza precedenti che devasta l’Emilia Romagna, la regione dove Elly Schlein è stata vicepresidente. Ma nemmeno qui la vedono arrivare per giorni. La segretaria dem si presenta nei luoghi distrutti e allagati solo il 23 maggio. E dopo Giorgia Meloni. Stefano Bonaccini, suo sfidante alla segreteria del Pd e governatore, cerca di fare quello che può. Lei non si degna nemmeno di sostenere la sua nomina a commissario per l’Emilia.
PATRIMONIALE – E siamo al 26 maggio. Quando la Schlein, per l’ennesima volta, parla di una revisione delle patrimoniali. “Questo Paese ne ha tante e dovrebbe riorganizzarle”. Come? “Dobbiamo pensare a perché la tassazione sulle rendite fiscali e immobiliari è così bassa, rispetto a quella sul lavoro e sull’impresa”, dice lei. “L’imposizione sul mattone va quindi aumentata, anche con la ‘riforma del catasto in un senso più equo’”. I dem tremano a sentire queste parole.
PIZZO DI STATO – Ma non ne spende nemmeno una quando Giorgia Meloni, alla fine della campagna elettorale per le amministrative, parla di tasse e “pizzo di Stato”. Al suo posto parlano Chiara Gribaudo – “Una retorica ripugnante, pericolosa. Inaccettabile che la presidente del Consiglio si esprima così” - e Anna Ascani: l’espressione “pizzo di Stato è squallida. Normalizza l’idea del pizzo. Criminalizza la lotta all’evasione. Ridicolizza chi paga le tasse, finanziando i servizi”. Schlein muta. No comment.
AMMINISTRATIVE – E infatti al primo turno e ai ballottaggi di fine maggio il Pd perde clamorosamente le elezioni comunali conquistando solo Vicenza e riuscendo a tenersi Trapani. Elly Schlein è costretta ad ammettere: “Sconfitta netta. Il vento a favore delle destre è ancora forte e c'è ancora. Ringraziamo tutti quelli che si sono spesi, i nostri candidati, in queste elezioni. Sapevano che sarebbe stata difficile, ci vuole tempo per costruire un centrosinistra vincente. Il fatto che il Pd sia il primo partito nel voto di lista non è una consolazione". Da sottolineare che il candidato del Pd Giacomo Possamai, che ha vinto a Vicenza con il 50,5% delle preferenze non aveva voluto la Schlein durante la sua campagna elettorale temendo che potesse fargli perdere consensi. Col senno di poi ha fatto bene.
DEL LUCA E FIGLIO – Elly Schlein, evidentemente allergica ai voti, dichiara poi guerra ai De Luca che non l’hanno mai sostenuta alle primarie. Ma viene umiliata. Dopo aver demansionato Piero De Luca, figlio del governatore campano, da vicecapogruppo del Pd alla Camera a segretario con delega sul Pnrr a Montecitorio, la leader nomina al suo posto Paolo Ciani, il quale dopo essersi preso la poltrona afferma: “Io non sono del Pd e non mi iscriverò”. Bella scelta.
Da parte sua Vincenzo De Luca le lancia una frecciata su Facebook: “In politica, come nella vita, non c’è nulla di più volgare dei radical-chic senza chic”. Quella della Schlein suona come una vendetta bella e buona e gli stessi dem, Lorenzo Guerini in primis, parla di “processo al cognome”, Marianna Madia di “operazione punitiva”. Con questa guerra ai De Luca, poi, i dem rischiano di perdere pure la Campania. Ma Elly tira dritto. È il primo vero e proprio “strappo nel Pd”.
ABUSO D’UFFICIO – Al quale segue quello sull’abuso d’ufficio. I sindaci dem infatti sono dalla parte del governo Meloni e vogliono l’abolizione del reato che di fatto li paralizza. Ma Elly no. “La destra ne sta facendo uno strumento di propaganda politica”, “vogliono fare della giustizia un terreno di scontro”, tuona, “l’abrogazione non può passare, non si possono abolire i controlli di legalità”.
“Tutti i sindaci hanno chiesto l’abolizione dell’abuso o una sua profonda riforma”, prova a ricordarle il governatore della Puglia Michele Emiliano, del Pd. Ma niente.
EUROPEE – Elly Schlein fa di testa sua. Così in vista delle elezioni europee dice di volere quattro capilista donna. Apriti cielo. In un attimo esplode il “caso Gentiloni”. Buona parte del partito, infatti, punta tutto sull’attuale commissario europeo dell'Economia. Matteo Renzi, come leader di Italia Viva, gli avrebbe già proposto il posto di capolista del Terzo Polo. Gentiloni resta in attesa. Così come Bonaccini ed Emiliano. I maldipancia non si contano.
UCRAINA - E proprio in Europa, il 16 giugno, sul sostegno all'Ucraina, sul rafforzamento del processo di adesione alla Nato, richiesto in un emendamento a una risoluzione votata dal Parlamento europeo, il Pd di Elly Schlein si spacca in tre. Elisabetta Gualmini e Mercedes Bresso, infatti, votano sì, Irene Tinagli non partecipa, Massimiliano Smeriglio vota no, gli altri si astengono. Un caos.
M5S – Infine, l’ultimo disastro: Elly Schlein si presenta alla manifestazione del M5s organizzata da Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Qui il comico straparla di “brigate di cittadinanza” e “passamontagna”. Frasi pesanti – una “boutade” si giustificherà poi – ed Elly è lì con lui. Il Pd non gradisce. Il clima al Nazareno è tesissimo. Forse Elly ha le ore contate. Il suicidio è compiuto.