Nel ricordare la grande storica e studiosa di Russia Hélène Carrère d’Encausse, prima donna a guidare l’Académie française e madre dello scrittore Emmanuel Carrère, morta sabato a Parigi alla veneranda età di 94 anni, la maggior parte dei giornali francesi, ma anche italiani, ha dimenticato di soffermarsi su un aspetto tutt’altro che secondario del suo incredibile destino, su una delle battaglie intellettuali che ha portato avanti fin dalle sue prime opere: la denuncia dell’islamismo e del pericolo che rappresenta per l’Occidente e per tutto il mondo. Nel gennaio del 2015, quando lo scrittore Michel Houellebecq venne accusato di “islamofobia” per il suo romanzo “Soumission”, in cui immaginava un futuro presidente per musulmano perla Francia, descrivendo la sottomissione progressiva della République alle regole di Allah, Hélène Carrère d’Encausse prese pubblicamente posizione a suo favore.
In un’intervista alla televisione svizzera Rts, nel quadro della trasmissione “Pardonnez-moi” condotta dal giornalista Darius Rochebin, l’allora Segretario perpetuo dell’Académie française disse che lo scenario illustrato da Houellebecq «è possibile», che il romanziere «non si sbaglia» quando descrive una Francia genuflessa e fragile dinanzi all’aggressività dell’islam politico. Hélène Carrère d’Encausse elogiò Houellebecq come un «sociologo del nostro tempo», che «vede prima» degli altri, che «vede le grande tendenze», e sa metterle nero su bianco con un talento raro, pressoché unico nel panorama letterario contemporaneo.
La madre di Emmanuel Carrère, sollecitata da Rochebin sulla possibilità di vedere Houellebecq tra gli “immortels”, come vengono chiamati i membri dell’Académie française, rispose così: «Avrebbe il mio totale sostegno». Nel 2022, quando il nome del romanziere premio Goncourt 2010 per “La carta e il territorio” tornava a circolare tra i candidati a uno scranno nella celebre istituzione, Madame Carrère d’Encausse ribadì il suo sostegno, augurandosi di vederlo presto all’Académie: «Me le auguro con tutto il mio cuore. Mi piacerebbe che Michel Houellebecq ascoltasse questo appello. È un visionario. Ha visto la sottomissione come nessun altro. All’epoca non c’erano ancora stati gli attentati. Il suo ultimo libro, “Anéantir”, sconvolgente per tenerezza e umanità, osserva il mondo in cui viviamo in modo incredibile. Vede molto bene il disastro verso cui stiamo avanzando (...) È un profeta».
L’IMPLOSIONE SOVIETICA
Insomma, mentre i giornaloni benpensanti processavano per “islamofobia” il più grande romanziere francese vivente assieme proprio a Emmanuel Carrère, il Segretario perpetuo dell’Académie française si schierava con lui, elogiando il suo lato visionario e difendendolo dalle solite erinni del politicamente corretto. Nessuno osò dire nulla alla custode della lingua di Molière in ragione del suo ruolo prestigioso, ma nessuno, oggi, ricorda che quelle sue prese di posizione dicevano molto del suo pensiero sul rapporto tra occidente e islam.
Ne “L’Empire Éclaté”, saggio pubblicato nel 1978 che le diede statura internazionale, Hélène Carrère d’Encausse annunciò la fine dell’Urss e l’implosione dell’Impero sovietico. «Bastava sfogliare la Pravda tutti i giorni per cogliere, tra le linee delle informazioni economiche, il vero stato dell’Unione sovietica», disse colei che fu anche deputata europea nelle fila dei gollisti di Jacques Chirac dal 1994 al 1999. Nell’opera lanciò l’allarme sulla forte pressione demografica delle popolazioni musulmane delle repubbliche asiatiche dell’Urss, lei che si era diplomata con una tesi intitola “Réforme et Révolution chez les musulmans de l’Empire Russe”. Un allarme che, attraverso le sue riflessioni, estese negli anni successivi all’Europa. Nell’ottobre del 2015, a pochi giorni dagli attentati jihadisti dell’11 novembre e in occasione dell’uscita del suo libro “Six années qui ont changé le monde, 1985-1991, la chute de l’Empire soviétique”, affermò su Lci che «l’estremismo islamico» era una minaccia non solo per l’Europa «ma anche perla Russia».
Poco spazio è stato dato anche alla sua inflessibile ostilità alla femminilizzazione dei nomi per ideologia (quando venne eletta Secrétaire perpétuel dell’Académie française chiese di essere chiamata al maschile, perché «da tre secoli e mezzo c’è un solo Segretario perpetuo, è questa idea di continuità che deve prevalere, è una linea che continua») e a quella follia politically correct che si chiama “scrittura inclusiva”. Ma anche alla sua lotta contro la barbarie della cancel culture. Nell’agosto del 2020, alcuni vandali woke sfregiarono con della vernice rossa la statua di Voltaire che troneggiava sul giardino dell’Académie française scrivendo “Nique ta mère” e “Fuck Voltaire”. La statua venne rimossa dalla sindaca socialista, Anne Hidalgo, con la promessa di ripulirla e risistemarla il prima possibile nel giardino dell’istituzione. Ma dall’agosto del 2020 non c’è più stata traccia del filosofo. «È scandaloso il fatto che questa statua, che rappresenta un membro dell’Académie française, fatta da uno scultore dell’Académie des Beaux-Arts, non sia al suo posto – tuonò Hélène Carrère d’Encausse – Se cominciamo a togliere i geni, dove andremo finire?».
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.