Le vittime si attraggono tra loro ben più dei colpevoli con quell’umana solidarietà di chi sa di subire. È indubbio che Salman Rushdie e Roberto Saviano si piacciano, l’inglese lo chiama per nome come si fa con i vecchi amici e all’ultima domanda di una conferenza altrimenti tranquilla e persino un po’ noiosa, rispondendo a un giornalista de La Stampa che gli chiede come si colloca rispetto a ciò che disse cia che ha pesato sudi lui, ha vissuto bene, si è sposato cinque volte, ha viaggiato molto sempre circondato da ingenti misure di sicurezza che però non sono servite il 12 agosto di due anni fa quando è stato raggiunto dalle coltellate di un pazzo fanatico che non aveva mai letto un suo libro. Saviano invece le minacce le ha solo ricevute e per questo ha usufruito della scorta. Tutto ciò gli è servito per costruirsi una mitologia personalistica grazie al successo di Gomorra, pubblicato diciotto anni fa e spremuto come un limone tra film, serie, programmi televisivi, reading teatrali.
Pur non disconoscendo i meriti di un romanzo ibrido di cui si parla dal 2006, e che non è più riuscito a ripetere, il personaggio Saviano si porta dietro il sospetto di essere un colossale paraculo che la camorra avrebbe voluto eliminare, ma il cui nemico vero è rappresentato dalla politica, in par(...) il collega scrittore nei confronti di Giorgia Meloni- parola esatta fu “bastarda”- lui afferma che i politici dovrebbero essere meno infantili e accettare le critiche. «A rischio mio personale - ha commentato Rushdie - devo dire che i politici dovrebbero farsi la pelle un po’ più dura perché un politico al giorno d’oggi oltre ad avere grande potere ha anche molta autorità. Quindi è normale che qualcuno tra la popolazione ne parli direttamente, magari male, anche usando una brutta parola come quella che ha usato Roberto. Io a questa signora darei un consiglio di essere meno infantile e di crescere». Chi si somiglia si piglia, diceva mia nonna. Pronti via e il Salone del libro parte con il primo attacco al presidente del consiglio, che stavolta non viene dai palchetti degli urlatori di professione, bensì dalla sala che ha ospitato l’atteso ritorno di Salman Rushdie in Italia dopo il grave attentato subito a New York nel 2022 che gli ha procurato evidenti segni sul corpo, tra cui la perdita dell’occhio destro. Un palcoscenico d’onore per una risposta banale, che con il nuovo libro non c’entra nulla.
Nonostante la minaccia che ha pesato su di lui, ha vissuto bene, si è sposato cinque volte, ha viaggiato molto sempre circondato da ingenti misure di sicurezza che però non sono servite il 12 agosto di due anni fa quando è stato raggiunto dalle coltellate di un pazzo fanatico che non aveva mai letto un suo libro. Saviano invece le minacce le ha solo ricevute e per questo ha usufruito della scorta. Tutto ciò gli è servito per costruirsi una mitologia personalistica grazie al successo di Gomorra, pubblicato diciotto anni fa e spremuto come un limone tra film, serie, programmi televisivi, reading teatrali. Pur non disconoscendo i meriti di un romanzo ibrido di cui si parla dal 2006, e che non è più riuscito a ripetere, il personaggio Saviano si porta dietro il sospetto di essere un colossale paraculo che la camorra avrebbe voluto eliminare, ma il cui nemico vero è rappresentato dalla politica, in particolare ora con questo governo. Rushdiee Saviano sono trai protagonisti del Salone del libro; dopo la conferenza stampa di ieri, duetteranno oggi pomeriggio e sicuramente assisteremo a un ping pong che avrà per protagonista la politica nazionale su cui Rushdie sarà stato adeguatamente istruito. Non credo basti essere uno scrittore di successo per saperne di tutto, di Ucraina, Israele o del nostro governo, ma che il dibattito scivoli da quella parte è pressoché scontato.
LE OPERE
Entrambi sono fuori con nuovi libri: Knife di Rushdie (Mondadori) è un memoir, sul quale però la critica non ha avuto commenti troppo lusinghieri, ma si capisce l’urgenza di pubblicarlo, che racconta il giorno dell’assalto durante una conferenza, ciò che ricorda di quando fu in bilico tra la vita e la morte, la lenta ripresa, sei mesi dopo l’accoltellamento è tornato a scrivere, il ritorno con l’occhio bendato di nero che se non fosse una mutilazione avrebbe un che di piratesco, tra John Ford e Nicholas Ray. Il nuovo libro di Saviano Noi due ci apparteniamo. Sesso, amore, violenza, tradimento nella vita dei boss (Fuori scena, nuova etichetta del gruppo RCS) ha un titolo alquanto neomelodico, perfetto per una sceneggiata del grande Mario Merola, un ritorno ai temi cari in un’abile miscellanea tra fatto e finzione. Se la cultura eleva lo spirito e supera il dominio della pancia, è davvero strano per uno scrittore non rendersi conto del significato di certe parole facilmente strumentalizzabili, un escamotage cui un intellettuale vero non dovrebbe ricorrere per attirare l’attenzione. Come appunto quando Saviano diede della bastarda a Giorgia Meloni. Vorrebbe tornare indietro - dice - e rifare tutto con maggior prudenza. Ogni tanto minaccia di andarsene dall’Italia, perché questo Paese non merita più i veggenti figli di Pasolini animati dalla passione civile, ma dove potrebbe andare altrimenti, non c’è un altro posto nel mondo in cui commedia e farsa marciano così bene a braccetto. Visto che Rushdie ha deciso di rimanere ancora in Italia, si troveranno a parlare male del presidente del consiglio giocando a chi rincara la dose. Questo accade in assenza di ispirazione