Prima il giudizio del popolo, poi quello delle élite. La sera di domenica si saprà quanti italiani, nel chiuso delle cabine elettorali, avranno dato fiducia a Giorgia Meloni e al suo partito, e sarà inevitabile leggere il risultato come un voto di metà mandato sul governo. Giovedì 13, però, inizierà un’altra prova, stavolta al cospetto dei leader delle grandi democrazie del pianeta. L’Italia ha la presidenza annuale del G7 e questo fa della premier, nel 2024, la “leader dei leader”, almeno durante il loro vertice. Che stavolta vedrà riuniti allo stesso tavolo le nazioni che lo compongono (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti), i presidenti della Commissione e del Consiglio Ue (come è prassi), e, su alcuni temi, i leader di altri Stati e organizzazioni invitati dalla padrona di casa. Più di quanti cene siano normalmente.
IL CARNET DEGLI OSPITI
La battuta, a palazzo Chigi, è che Meloni avrebbe voluto lì tutta l’Onu, ma a Borgo Egnazia, dove si svolgeranno i tre giorni di lavoro, non c’era spazio. In linea con la filosofia della premier, per la quale il G7 «non è una fortezza che si chiude, ma un’offerta di valori che si apre al mondo». La prima difficoltà, insomma, è stato limitare gli inviti. Ci saranno comunque l’ucraino Volodymyr Zelensky, l’argentino Javier Milei, il turco Recep Tayyip Erdogan, i leader di Brasile, India e Sud Africa e quelli di molti Paesi arabi e africani, il segretario dell’Onu António Guterres e i vertici delle altre principali organizzazioni internazionali. Ventisei leader in tutto, diciannove dei quali capi di Stato e/o di governo. Il grande ospite, condizioni di salute permettendo, sarà però Francesco, primo papa a parlare davanti al gruppo dei Sette.
Sotto l’aspetto della partecipazione, insomma, il «G7 molto allargato» è già un successo. Confermato dalla lista di richieste per avere un incontro bilaterale con la presidente del consiglio italiana: nell’elenco figurano praticamente tutti i leader presenti in Puglia, il problema sarà trovare mezz’ora per ognuno di loro. Ma la vittoria che cerca Meloni è un’altra: quella politica.
Che si misurerà dal contenuto della dichiarazione finale del vertice. Per lei il G7 è la prosecuzione della linea di governo con altri mezzi, e questo significa innanzitutto piano Mattei, quindi collaborazione con i Paesi africani e contrasto all’immigrazione clandestina. Quanto più forti saranno gli impegni sottoscritti dai leader su questi temi, migliore sarà il risultato ottenuto dal governo italiano. Senza nulla togliere alle altre questioni globali sul tappeto, e tenendo sempre presente che si tratta di impegni che vincolano politicamente, non legalmente.
Le fonti di palazzo Chigi che da mesi lavorano al vertice non scoprono le carte, ma assicurano che la proposta elaborata dall’Italia sull’Africa è «molto forte e coerente con la strategia del governo». Nel documento, che dovrebbe essere lungo tra le venti e le trenta pagine, l’Italia vuole che si prevedano iniziative specifiche per l’Africa e i Paesi del cosiddetto “Mediterraneo allargato”.
Perla prima volta in un G7 ci sarà una sessione specifica sulle migrazioni, e il progetto portato dall’Italia poggia su tre punti. Primo: un impegno a investire nello sviluppo dei Paesi di origine, affinché gli individui non siano costretti a lasciare le terre in cui sono nati. Secondo: costruire una forma di collaborazione tra gli Stati che s’impegnano a combattere l’immigrazione illegale, che coinvolga i Paesi d’origine, di transito e di destinazione. Nell’idea di Meloni, quest’intesa dovrebbe consentire anche di tracciare e colpire i flussi finanziari provenienti del traffico di esseri umani. Terzo punto, la creazione di canali d’immigrazione legali. Insomma, dopo aver portato la Commissione europea di Ursula von der Leyen sul terreno degli accordi di partenariato con i Paesi africani, ora Meloni intende fare lo stesso con le grandi democrazie.
La spinta del governo italiano è stata forte anche sull’intelligenza artificiale. Raccontano che la decisione di inserire questo tema nell’agenda ufficiale dei lavori abbia colto di sorpresa gli altri leader, alcuni dei quali l’hanno ritenuta quasi provocatoria: che può fare la politica davanti a un fenomeno simile? A Roma, però, sono convinti che pure su questo argomento i Sette possano dire insieme «qualcosa di sensato». L’obiettivo è garantire che questa tecnologia sia usata con criterio antropocentrico e senza ampliare il divario tra i Paesi avanzati e gli altri. Proprio di questo parlerà Jorge Bergoglio.
ISRAELE E UCRAINA
Il programma prevede sei sessioni di lavoro dei Sette, dedicate a questi temi: Africa; Medio Oriente (il gruppo chiederà di accettare l’accordo delineato dagli Stati Uniti per un cessate il fuoco immediato a Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e un aumento dell’assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza); Ucraina (qui parlerà Zelensky e si discuterà del sostegno militare a Kiev e su dove prendere i soldi per la ricostruzione); migrazioni; Indo-Pacifico (l’occasione per discutere della Cina); sicurezza economica. Infine ci sarà il tradizionale “segmento outreach”, dedicato al coinvolgimento degli “altri”: riunioni su Africa, Mediterraneo, intelligenza artificiale ed energia, alle quali parteciperanno le nazioni e le organizzazioni invitate. Sarà Sergio Mattarella a ricevere i leader il 13 giugno, in una cena ufficiale nel castello svevo di Brindisi.