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Gli tolgono la poltrona e piangono:ecco chi vuole tenersi la Provincia

Dopo i tagli e gli accorpamenti, gli amministratori si ribellano. Da Torino a Crotone, il coro dei presidenti: "Non è democratico"

Andrea Tempestini
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      C'è chi prepara manifestazioni, chi si indigna, chi parla di violazioni della democrazia e della Costituzione. Chi, in maniera neanche velata, accenna a possibili rivolte. L'accorpamento (o razionalizzazione, o abolizione che dir si voglia) delle province voluto dai ministri Annamaria Cancellieri (Interni) e Filippo Patroni Griffi (Pubblica Amministrazione) suscita malumori non solo tra i cittadini più legati al campanile, ma soprattutto agli amministratori (che si trovano senza più poltrona dove sedersi). A difesa della democrazia - "Il governo ha risposto con delle forzature alle proposte delle autonomie locali - accusa Giuseppe Castiglione, presidente dell'Unione delle Province - Noi non contestiamo i tagli, ma come sono stati fatti". E' un problema di dialogo: "Il governo deve ascoltare i territori, è inaccettabile procedere così". Antonio Saitta, presidente della provincia di Torino e vice di Castiglione all'Upi, è più categorico: "Non si può spacciare per riordino una riforma che cancella la democrazia e in maniera autoritaria decide di interrompere il mandato di politici eletti dai cittadini". Contro questo abuso Saitta annuncia "ferma opposizione", a partire da un'assemblea delle province. Altrettanto scandalizzato dal provvedimento è Piero Lacorazza, presidente della Provincia di Potenza: "Non può essere sciolta un'istituzione prevista dalla Costituzione senza rispettare il mandato democratico". Leonardo Muraro, di fronte alla prospettiva che la provincia che presiede (Treviso) sia assorbita dalla vicina Padova, sbotta: "E' il golpe di un governo di non eletti". Irpini in armi e nazionalisti brianzoli - Le province di Benevento e Avellino confluiscono, ma la sede del capoluogo è nel Sannio. Sulla scelta di declassare la cittadina irpina ci va giù duro Arturo Iannaccone, segretario federale e capogruppo a Montecitorio di Autonomia Sud. Nonché avellinese doc. "Solo in un Paese che ha perso la bussola - dice - la provincia più piccola mangia quella più grande. Si vuole la rivolta - profetizza - e sicuramente accadrà". Iannaccone avrebbe preferio una suddivisione delle funzioni amministrative tra le due città "senza sopraffazioni". Per un irpino che non vuole sottomettersi a un sannita, c'è il brianzolo che non vuole morire milanese. "Non ci arrenderemo - proclama Dario Allevi, presidente della provincia di Monza - siamo 850mila e abbiamo un nostro dialetto: non ci arrenderemo alla politica milanocentrica".  Pitagora bipartisan e teatini alla fame - A Crotone (dove la provincia risulta unita a quelle di Vibo Valentia e Catanzaro) si preannunciano mobilitazioni trasversali. Il presidente del consiglio provinciale Benedetto Proto ha convocato in riunione i gruppi di maggioranza e opposizione per decidere le inziative per la difesa dell'ente. Il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, ha annunciato lo sciopero della fame (poi annulato) contro la cancellazione della provincia della sua città. Orgoglio frusinate e il sindaco sul cesso - Punta i piedi anche Nicola Ottaviani, sindaco di Frosinone, contro l'unificazione con Latina: non può accettare l'idea che siano i ciociari a dover lasciare il passo accettando che il capoluogo sia fissato nella mussoliniana Littoria. "I requisiti di popolazione ed estenzione - dice - li abbiamo noi, non loro". Roberto Cenni, sindaco di Prato, per commentare la fusione della sua provincia in quella di Firenze, sceglie quale location per l'intervista la toilette del suo ufficio. "Non voglio associare il gonfalone della città - spiega - a questo provvedimento". Ha trovato, quindi, un ambiente secondo lui più consono. 

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