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Crisi Monti, si vota a febbraio. Tutte le riforma a rischio in Parlamento

La rottura tra premier e Pdl sulla incandidabilità. Ora si voterà la legge di stabilità ma sono in forse Ilva e sviluppo. Addio province e Porcellum

Giulio Bucchi
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Si voterà a febbraio. A confermarlo è stato il presidente della Camera Gianfranco Fini, secondo cui la prima data disponibile sarebbe il 10 febbraio (in combinata con le elezioni regionali di Lombardia e Molise). L'accelerazione imposta dalle dimissioni di Mario Monti fa felice Pierluigi Bersani e i centristi, preoccupa Silvio Berlusconi ma soprattutto ingolferà i lavori del Parlamento: in poche settimane si dovranno chiudere le pratiche più urgenti, dalla legge di stabilità al decreto Ilva, e giocoforza si abbandoneranno le riforme ancora in cantiere, a cominciare dalla riforma della legge elettorale. Le previsioni meteo parlano per i prossimi giorni di caos in Camera e Senato con aggiunta di veleni pre-elettorali assortiti. E occhio alle precipitazioni: dello spread, s'intende. "Vedremo cosa faranno i mercati lunedì", ha commentato secco il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano domenica mattina, dal Quirinale per il concerto di Natale. Esperti e stampa internazionale sono sicuri: con Monti dimesso e Berlusconi in campo il differenziale tra Btp e Bund ricomincerà a crescere. La legge di stabilità - Detto che la frattura decisiva all'interno della maggioranza (e tra Pdl e governo) è avvenuta con la legge sull'incandidabilità (che molti dal centrodestra vedevano come uno sgambetto a Berlusconi, poi saltato all'ultimo grazie alla "clausola" della sentenza passata in giudicato e non semplicemente in primo grado), i nodi da sciogliere restano ancora tanti. La legge di stabilità si voterà (anche se Monti ha commentato stizzito: "Sempre che i partiti ce la facciano") ma i tempi sono strettissimi: il testo (con 1.500 emendamenti) dovrebbe arrivare in Senato il 18 dicembre per essere approvato entro fine anno. Essendo blindato, la tentazione è quello di inserirvi dentro il milleproroghe e, perché no, farlo diventare un "omnibus". Il testo, in ogni caso, dovrà risolvere la grana dei 260mila precari della pubblica amministrazione (contratti in scadenza, si pensa alla proroga fino a metà 2013), ammortizzatori in deroga, Imu ai Comuni, Tobin tax, terremotati dell'Emilia.  Decreto Ilva -  L'altra emergenza è l'Ilva. Bisogna votare il decreto che ha ordinato il dissequestro degli impianti a caldo del polo siderurgico di Taranto bloccato dalla Procura. Per far continuare l'attività all'azienda e proseguire l'opera di bonifica ambientale serve la ratifica del Parlamento.  Pareggio e sviluppo - Corsa contro il tempo anche per il ddl costituzionale che inserisce il pareggio di bilancio come obbligo annuale del governo (si vota martedì alla Camera, poi al Senato) e per il decreto sviluppo che va convertito in legge entro il 18 dicembre altrimenti decadrà. Ottenuto l'ok del Senato, manca il sì della Camera. Province e Porcellum - A rischio due delle riforme più chiacchierate degli ultimi tempi. Il taglio delle Province ha già incassato il no del Pdl, che ha sollevato la pregiudiziale di incostituzionalità. Poche speranze, o forse nessuna, anche per la riforma del Porcellum. Pd, Pdl e centristi non hanno trovato l'accordo sulla nuova legge elettorale e a questo punto, visto il rapido precipitare della situazione, si voterà con il Porcellum che non piace a nessuno ma che fa contenti sia Bersani sia Berlusconi.  Bersani e Berlusconi - Il segretario Pd ha definito "atto di dignità" le dimissioni di Monti e i democratici premono per il voto subito. Logico: lanciati dalle primarie, sono in campagna elettorale da almeno due mesi e col Porcellum potrebbero garantirsi un premio di maggioranza cospicuo per governare insieme a Vendola senza troppi compromessi con Casini & Co. Berlusconi, dal canto suo, non ha ancora parlato. Domenica pomeriggio ci sarà un vertice ad Arcore con lo stato maggiore del Pdl, si stabiliranno le modalità della campagna elettorale, alleanze, strategie. I listini bloccati del Porcellum faranno comodo, come avrebbe fatto comodo un mese in più per preparare la grande battaglia. Il Cav dice che "corre per vincere", ma sotto sotto gli basterebbe strappare un 15% per blindare i lavori nelle varie commissioni parlamentari e dire la sua in caso di palude "tecnica".  

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