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Matteo Renzi umilia Romano Prodi: "Il ruolo di mediatore in Libia? Eri troppo vicino a Gheddafi"

Andrea Tempestini
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Matteo Renzi, ospite nel salottino di Lilli Gruber, parte col botto: evoca la caduta del suo governo, nel caso in cui - martedì - l'aula bocciasse l'Italicum, la sua riforma elettorale-pastrocchio. Ma ad Otto e Mezzo non si parla soltanto di leggi, di testi, di riforme. Si parla anche di chi, a Renzi, sta facendo la guerra, quella minoranza del Pd che va da Rosy Bindi e fino a Pier Luigi Bersani, e che, negli ultimi giorni, ha (ri)trovato due esponenti di spicco: Enrico Letta (che ha paragonato il premier al "metadone") e Romano Prodi, che ha speso parole assai poco benevole nei confronti dell'inquilino di Palazzo Chigi. Ed è proprio contro il Mortadella che Renzi ha aperto il fuoco in diretta tv. Il Professore aveva detto di preferire l'Ulivo al "partito della Nazione" di Renzi, Matteo risponde così, tranchant: "Più che rifare l'Ulivo io voglio rifare l'Italia". Ma non è tutto. La bordata più velenosa viene sganciata quando si parla di Libia, o meglio del ruolo di mediatore in Libia, la poltrona alla quale ambiva Prodi. Spiega il premier: "L'Italia non ha presentato la candidatura di Romano Prodi al ruolo di mediatore in Libia perché le Nazioni Unite, così ha spiegato Ban Ki Moon, hanno deciso che era meglio non avere un ex primo ministro di un paese che aveva avuto forti relazioni con Gheddafi". Prodi, insomma, è stato silurato poiché troppo vicino al "dittattore" Gheddafi. Una circostanza che Renzi ha voluto ben mettere in evidenza in diretta tv.

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