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È tornato il bipolarismo: centrodestra unito contro il governo di M5S e mezzo Pd

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Alessandra Menzani
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In modo imprevedibile siamo tornati al bipolarismo. Da una parte il centrodestra, dall' altra i Cinque Stelle e la loro coalizione di fatto anche se non di diritto. È ancora allo stato nascente, ma proprio questo - Alberoni docet - la rende persino più energetica, perché fresca e non riscaldata come quella che, con alterni tradimenti, sta insieme da quasi 25 anni. Avevamo annunciato questo fidanzamento in fieri martedì scorso, osservando le manovre congiunte di Romano Prodi e di Davide Casaleggio con il suo azzimato portacongiuntivi Luigino Di Maio. Un raggruppamento che, avendo come direttore d' orchestra Prodi, andrebbe da Liberi e Uguali, di Pietro Grasso e soprattutto di Massimo D' Alema, ideologo del governo del presidente (traduzione: purché ci sia io, il grande Max, la democrazia e l' antifascismo sono garantiti); fino a un Partito democratico che sarebbe perfetto per l' ammucchiata con i grillini sul lato di sinistra del letto, purché indebolito e dunque nelle condizioni di trattare Matteo Renzi come un' anomalia da liquidare. Ci avevano preso come dei visionari o come dei soci occulti del renzismo, quando abbiamo esposto i contorni di questa strategia. Figuriamoci. Si tratta di puro realismo. Basta mettersi nei panni dei teatranti della politica, e la trama viene da sé. Prodi, appoggiando "Insieme" (socialisti, verdi, prodiani bolognesi) e non il Pd, si pone come combattente di sinistra si, ma super partes. Di Maio predisponendo una lista di ministri desiderabili per il M5S ma potabili per la sinistra, la finanza e la magistratura, ha voluto con mossa furba recarsi con il foglietto al Quirinale. Mossa poco protocollare, e non poteva certo pretendere di farsi ricevere da Mattarella per averne un timbro, ma è un successo essersi fatto accogliere con le trombe dal segretario generale Ugo Zampetti: una cortesia che vale come un «nihil obstat» da far valere presso le cancellerie europee. In coincidenza con l' offensiva interna, da Milano verso Nord, continuano i pour parler di Casaleggio e soprattutto di suoi insospettabili intermediari inviati a rassicurare, come si dice, «il mercato». Il capo dell' ala tosta, Alessandro Di Battista, che si tiene di riserva fuori del Parlamento ma nel cuore del movimento, ha confermato che la linea è quella lì: al governo, al governo, costi quel che costi, anche non più casti. Il popolare Dibba era da Lilli Gruber a 8 e 1/2 e - sia pur con il suo linguaggio da Corsaro Nero, tutto vele, cannoni e sbudellamenti - ha confermato che i grillini sono uniti e pure Grillo, un po' fuori per non farsi coinvolgere da un eventuale fiasco, ci sta. Ha detto il giovane papà a riposo a Caprera, da veterano di gloriose battaglie: «Ho votato volentieri con il Pd le unioni civili e il testamento biologico», dunque qualche convergenza potrà esserci. LA FRONDA DI BRUTO Dal Pd, la conferma arriva come ovvio dal nemico interno di Renzi, il governatore della Puglia, e - nota bene! - pm in aspettativa, Michele Emiliano. In una intervista a Tele Norba ha teso la pargoletta mano: «Se il presidente Mattarella dovesse dare l' incarico a Di Maio, io farò ogni sforzo perché il Pd sostenga il M5S nella formazione del governo». Ha insistito: «Se il Pd non dovesse essere il primo partito, e l' incarico dovesse essere dato al M5S, e ad altre ipotesi non voglio pensare, siccome sarà un governo di emergenza perché nessuno avrà la maggioranza assoluta, bisognerà far in modo che il gruppo che riceverà l' incarico poi possa formare un governo». Più chiaro di così... I parlamentari del Pd, sia pur scelti tutti da Renzi, e per la gran parte individuati tra i suoi fedeli, sono però - per la logica umanissima dell' istinto di sopravvivenza - prontissimi ad associarsi con Bruto Emiliano. Pertanto siamo al bipolarismo non conclamato ma di fatto. Per questo votare è importante. In questo quadro chi ha compreso la minaccia è Silvio Berlusconi. Per questo cerca di sedurre Emma Bonino e cerca di sospingere la sua +Europa oltre il 3 per cento, per impedire questo pateracchio sinistrorso, e sospingerla a destra in caso manchi a Forza Italia-Lega-FdI la maggioranza assoluta dei seggi. Ma Tabacci, fornitore del simbolo alla Bonino, di certo preferisce il vecchio sodale Bersani e Di Maio a Berlusconi, Salvini e Meloni. ULTIMI SONDAGGI Soluzione? Chi non vuole i Cinque stelle al governo è obbligato a darsi da fare perché il centrodestra abbia la maggioranza assoluta e - in ipotesi subordinata - che il Pd di Renzi non sia troppo debole rispetto a M5S e Leu. I sondaggi riservati inducono nelle formazioni destrorse un eccesso di ottimismo, che tracima in una sicumera pericolosa. Con conseguente demotivazione di chi è incerto se votare o meno. Tanto più che leader e colonnelli si sentono già la vittoria in tasca, e paiono più concentrati a prendersi la fetta migliore della torta, invece che vincere insieme la corsa. di Renato Farina

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