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Manovra, il retroscena su Giancarlo Giorgetti: a un passo dalla sua clamorosa vittoria

Giulio Bucchi
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Un doppio indizio: il governo verso la mediazione con l'Unione europea sulla manovra. A chiedere il gesto estremo la Commissione Ue e gli imprenditori italiani. Il premier Giuseppe Conte ha in mano una sorta di delega, un pieno mandato che ha stizzito e non poco il titolare dell'Economia Giovanni Tria (che oggi non a caso ha parlato, polemicamente, della necessità di una azione politica per sbloccare l'impasse con Bruxelles). Ma a fare da sherpa è sempre lui, il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, l'uomo più fidato di Matteo Salvini e quello più inviso al Movimento 5 Stelle, che però deve affidarsi a lui in quanto l'unico con le giuste entrature con mondo della finanza, grandi aziende e big come Mario Draghi. PLeggi anche: "Conte chieda di fare un passo indietro o si dimetta". Pazzesco diktat da Confindustria La manovra "cambierà il giusto e in meglio", ha assicurato non a caso il numero due leghista. Ormai la partita con la Commissione si gioca sul fatidico 2% di deficit, un taglio dello 0,4 su quanto scritto in manovra. Serve un compromesso in tempi brevi tra necessità di bilancio e politico-elettorali dei due partiti, da realizzare entro il 19 dicembre. Il grosso rischio, noto a Giorgetti, è che sul medio termine Salvini in caso di fallimento della trattativa venga riconosciuto come la parte forte, e decisiva, del "governo del meno", quello della crisi e della recessione di ritorno. Da evitare, categoricamente. Anche a costo di porgere l'altra guancia a Confindustria: "Noi non viviamo sulla luna ma in mezzo alla gente. Tutti hanno il diritto di manifestare e la politica ha il dovere di ascoltare", ha commentato il sottosegretario. Se ce la farà, sarà soprattutto la "sua" vittoria.

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