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Giulia Bongiorno e legittima difesa, la lezione a Piercamillo Davigo: "Non è licenza di uccidere, ma..."

Davide Locano
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"Il gesto di Matteo Salvini è pienamente coerente con una nostra battaglia: dimostrare che stiamo dalla parte di chi è aggredito, non di chi aggredisce". Esordisce così Giulia Bongiorno in un'intervista a La Stampa, in difesa del vicepremier che è andato a visitare in carcere Angelo Peveri, finito in galera per aver sparato a un rapinatore dopo l'ennesimo furto. Il ministro della Pubblica amministrazione, insomma, difende a spada tratta la riforma della legittima difesa. "Finalmente avremo una legge che si schiera decisamente a favore di chi è aggredito. La considero di importanza strategica: è un elemento di certezza del diritto e in Italia abbiamo estremo bisogno di certezza del diritto anche per l'economia". Leggi anche: Giulia Bongiorno, la proposta per ribaltare la magistratura Dunque la Bongiorno risponde alle critiche di Piercamillo Davigo alla riforma sulla legittima difesa. "Tanto per cominciare, la norma dice che si tutela chi respinge un aggressore in casa propria. Non è affatto una licenza ad uccidere. È abbastanza chiara la differenza tra i verbi respingere e aggredire? Perciò dissento radicalmente dal dottor Davigo: in questa legge, a volerla leggere, non c'è affatto la legittimazione a sparare alle spalle a un ladro che fugge. Ripeto, anche a beneficio di chi sostiene l'incostuzionalità della norma, come gli esponenti di Magistratura democratica, che la condotta di reagire e respingere chi entra con violenza o minaccia in casa è assolutamente proporzionata alla situazione di pericolo che si crea. Peraltro, valorizzando lo stato d' animo dell' aggredito, di turbamento o di paura, allineiamo la nostra legislazione a quanto prevedono già molti altri Paesi europei", conclude la Bongiorno.

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