Cerca
Logo
Cerca
+

Alessandro Di Battista, boia grillino: indiscreto, così caccia Luigi Di Maio e ammazza il M5s

Davide Locano
  • a
  • a
  • a

Il Movimento Cinquestelle che invoca la resurrezione di Alessandro Di Battista assomiglia molto ad un condannato a morte che, in preda alle sofferenze inflitte dal boia, chieda il colpo di grazia, o agli esponenti del Partito Democratico i quali, all' ennesima sconfitta, si accaniscono di più nella battaglia per lo ius soli, convinti che il provvedimento rappresenti l' impellenza per i cittadini italiani, alla deriva in un mare di guai. Sorge un lecito dubbio: si tratta di totale incapacità di osservare la realtà delle cose oppure di una marcata indole masochistica che sconfina in istinti suicidi? Ci eravamo permessi dalle colonne di questo giornale di suggerire ai grillini di chiudere il becco al Dibba, il quale, da quando era rientrato in patria dopo il suo pellegrinaggio nell' America Latina, si era sovraesposto su tutti i canali televisivi, roba che se accendevi la tv a qualsiasi ora del giorno e della notte non ci trovavi più Barbara D' Urso o Maria De Filippi, ma sempre e soltanto Alessandro. Tanto da farne indigestione. Ed ogni volta che compariva e ci proponeva il suo personalissimo show, il Movimento perdeva punti nei sondaggi. Sarà stata tutta colpa del caso? Noi non crediamo nelle coincidenze. Ecco perché il consiglio di regalare alla famiglia Di Battista una bella vacanza altrove in vista degli appuntamenti elettorali alle porte, ci sembrava più che opportuno. Qualcuno ci ha ascoltati, evidentemente. O forse no. Forse è stato proprio Alessandro che, fiero e testardo com' è (almeno queste qualità gliele riconosciamo), si è risentito davanti a chi insinuava che la sua presenza stesse arrecando nocumento al partito pentastellato, decidendo così di eclissarsi. Di sparire. Di disperdere le sue tracce. Di dimostrare a tutti che se il movimento precipita la responsabilità non è sua, bensì di chi si fa dettare l' agenda da Salvini e gli funge da poggiapiedi. Leggi anche: Paragone usa Di Battista per accoltellare Di Maio IL RITIRO DELL'OFFESA Insomma, Dibba, cucciolone, voleva farci sentire la sua mancanza. Si è comportato come un amante ferito: «Non mi vuoi? Bene. Allora vattene al diavolo!». E ha fatto centro, eccome se ha fatto centro. Dunque, adesso è evidente che le stelle cadono senza che egli ci metta lo zampino, senza che gli dia la spinta verso il baratro. Obnubilati da codesta evidenza, i grillini lo cercano, lo vogliono, lo reclamano, lo pretendono. Lo pregano di tornare. Di Battista ci è riuscito: se fino a qualche settimana fa era forte la convinzione che il suo sproloquiare ovunque fosse dannoso, da ieri si è fatto largo il sospetto che l' assenza del suo sproloquiare stia conducendo alla rovina. Di accettare le vere ragioni del fallimento, le quali andrebbero ricercate in una politica disfattista che si trincera dietro i no a tutto e depreda le casse dello Stato come se fossero pozzi senza fondo al fine di distribuire soldi a chi non lavora anziché creare lavoro, non se ne parla. In politica e nei partiti vige una regola ferrea: occorre dare sempre la colpa a qualcuno, che di solito è universalmente Silvio Berlusconi, o più in generale «quelli che c' erano prima di noi». Il merito invece se lo vogliono intestare tutti. Prima il colpevole era Dibba che c' era, ora Dibba che non c' è. Ed egli intanto se la ride dalla sua sacra clausura, o dalla sua banditesca latitanza. Festeggia i fallimenti di Di Maio con coppe di champagne, o Tavernello, e prepara il suo eterno ritorno. Dibba ritorna sempre da qualcosa. Ritorna dall' America, ritorna in tv, ritorna in politica, ritorna a casa. Ci verrebbe da esclamare: che noia! LA TATTICA Eppure tornerà. Nel silenzio il prestigio monta, è già aumentato tra i suoi, che chiedono il Salvatore. E lui pensa: «Schiattate». La scomparsa edifica il mito. E Dibba vuole apparire così: come un eroe, eppure incompreso, come un «nemo profeta in patria» o un «deus ex machina» che irrompe sulla scena per sovvertire la situazione considerata oramai irreversibile. Il silenzio ha anche un' altra funzione: serve a ripulirlo. Serve a far dimenticare lo scandalo del padre che sfruttava lavoratori in nero nonostante il figlio faccia da sempre la guerra a questo genere di condotte; funge a ridurre all' oblio che, allorquando Alessandro era con moglie e figlio in vacanza per mesi e mesi, e mesi, l' azienda sua e della sorella, gestita dal papà pasticcione, affogava nei debiti, eppure egli predicava onestà e responsabilità; è finalizzato a cancellare il fatto che, una volta portata a galla la faccenda, Dibba ha addossato le negligenze su colui che lo ha messo al mondo, come se egli non c' entrasse un tubo sebbene l' attività gli appartenga. Alessandro è vanaglorioso, è quello che nei salotti televisivi si lamenta se non scatta l' applauso. Ecco perché tornerà. Potete giurarci. Possono stare tranquilli (si fa per dire!) il ministro del Lavoro Luigi Di Maio e il senatore grillino Gianluigi Paragone, i quali lo pregano di battere un colpo. Alla tempia. Di risorgere ad aprile, almeno a Pasqua. Secondo Paragone, «il movimento non può fare a meno di lui». Addirittura! Certo, per sfracellarsi. Ovvio. di Azzurra Barbuto

Dai blog