Lega-M5s, Pietro Senaldi: "L'esecutivo ha fatto quel che poteva, poco, perché le due forze sono contrastanti"
Che strazio. Hanno fatto più in fretta a fare l' Italia centocinquant' anni orsono che a dare l' autonomia a Lombardia, Veneto, ed Emilia Romagna oggi. Non se ne può più, la manfrina va avanti da un anno ma ieri M5S ha calato la maschera: si è capito che tutti i grillini la pensano come la Lezzi, la ministra del Sud, ovverosia che le Regioni settentrionali potranno avere l' autonomia solo se la pagheranno cara, cioè riempiendo il Mezzogiorno di quattrini. Il premier Conte parla di «Paese da non slabbrare» e «riforma armoniosa da fare bene». La verità è che Cinquestelle è una forza meridionalista e assistenzialista e sta boicottando il progetto. Salvini pare averlo finalmente realizzato e ha tuonato «ora basta». Ci auguriamo seguano comportamenti coerenti. La narrazione dell' opposizione è che le liti quotidiane tra M5S e Lega siano finte, uno spettacolo di distrazione di massa inscenato per tenere occupata l' opinione pubblica e tirare avanti con il governo senza fare nulla. In realtà non è così. L' esecutivo ha fatto quel che poteva, cioè poco, visto che le due forze che lo sorreggono si erano presentate alle Politiche l' una contro l' altra, con elettorati distinti, programmi divergenti e filosofie opposte. Se ora si è all' impasse, non è per scelta tattica bensì perché non c' è più nulla che i contraenti di governo possano fare insieme. I gruppi dirigenti di entrambi i partiti lo hanno capito e gli elettori lo stanno maturando. I governatori leghisti si sentono presi in giro perché l' autonomia non decolla. Giorgetti non ne può più da tempo e con lui i parlamentari salviniani, che mal tollerano l' inconsistenza dei colleghi pentastellati e soffrono di essere la metà dei grillini quando, se si tornasse al voto, potrebbero essere il doppio. Dall' altra parte, i Cinquestelle accusano Di Maio di averli traditi: ha dimezzato il partito e si è svenduto pur di mantenere la poltrona e non andare alle urne, che significherebbe per lui la fine. A parte Gigino, salviniano per interesse, sono tutti anti-leghisti. L' unico ostacolo reale alle elezioni anticipate, dove guadagnerebbero tutti i partiti, tranne M5S e Forza Italia, è il leader della Lega. Egli solo tiene in piedi Di Maio e Conte. Sulle ragioni del comportamento del ministro dell' Interno si scervellano politologi e retroscenisti. Chi fa notare che in un anno di governo Matteo ha doppiato Gigino ed è ancora in crescita, e quindi non gli conviene mollare; chi spiega che il leader della Lega non vuol prendersi la responsabilità di scrivere da solo la prossima manovra finanziaria lacrime e sangue; chi spiega che Salvini di fatto già governa da numero uno senza pagarne pegno e perciò sbaglierebbe a correre il rischio di un esecutivo tecnico o tra Pd e M5S oppure che qualcosa alle elezioni poi giri storto; e chi infine afferma che il ministro aspetta la definitiva consunzione di Forza Italia, per poi presentarsi come sola forza del centrodestra, al massimo con la Meloni unica alleata. Noi di Libero, pur molto scettici sull' alleanza con M5S, e soprattutto sull' operato dei ministri grillini, siamo intervenuti più volte per illustrare le ragioni che spingono Salvini alla prudenza. Negli ultimi due giorni però qualcosa è cambiato. Ieri sll' autonomia i Cinquestelle hanno calpestato il voto di 15 milioni di lombardi e veneti e le aspettative di 4,5 milioni di emiliani e romagnoli. Leggi anche: Salvini, il piano perfetto per togliersi di mezzo Di Maio Molti di più se si pensa che l' autonomia era nei progetti anche di Piemonte, Liguria, Marche, Umbria, perfino Campania. I grillini non sono più una forza di protesta. Di Maio l' ha trasformata in una riedizione incompetente della Dc irpina famosa per gli orrori della Cassa del Mezzogiorno e il denaro pubblico sprecato anziché investito. L' autonomia comporta responsabilizzazione, efficienza, capacità di decidere e amministrare e perciò è antitetica al dna pentastellato. M5S ne è terrorizzato non perché, come sostiene, essa spaccherebbe l' Italia e lascerebbe il Sud senza risorse, bensì perché necessita di una classe politica competente e la espone al giudizio delle popolazioni amministrate. Il Meridione non teme l' autonomia, tant' è che vota Salvini, e la battaglia contro di essa è per la sopravvivenza non del Meridione ma dei grillini. Perciò Di Maio non mollerà mai. Altro capitolo doloroso è il Russiagate in salsa leghista. M5S e Pd hanno cavalcato un audio in cui Savoini, personaggio vicino al Carroccio, parlava di un presunto finanziamento russo di 65 milioni al partito di Salvini legato ai ricavi dell' acquisizione da parte dell' Eni di un grosso quantitativo di petrolio. Non ci sono prove che l' affare si sia concluso, non c' è traccia del denaro, tutte le parti in causa hanno negato e la presidente del Senato, Alberti Casellati, ha respinto la richiesta dei Dem al ministro dell' Interno di intervenire in aula bollando la questione come «pettegolezzi». Cionondimeno, il capogruppo grillino alla Camera, Uva, ha chiesto alla magistratura di intervenire e il vicepremier Di Maio ha accusato il collega leghista di lavorare per la Russia anziché per l' Italia. Proprio come in campagna elettorale, M5S cavalca la questione giustizia contro la Lega, ora senza manco aspettare che i pm si muovano. Sono attacchi politici troppo pesanti per restare insieme. Leggi anche: Di Maio: "Rubli? Come Siri e Rixi" I grillini stanno provando a risalire infangando l' alleato. A questo punto siamo persuasi che a Salvini convenga uccidere il governo prima che gli tirino addosso chissà che. Matteo si metta il cuore in pace: l' autonomia non gliela daranno, la flat tax neppure, tantomeno la pace fiscale. Sulla giustizia non è aria, né per l' eliminazione dell' abuso d' ufficio né per una riforma che porti alla separazione delle carriere dei magistrati. Quanto alla lotta all' immigrazione clandestina, la ministra Trenta non mette a disposizione le navi e Fico e Di Battista tifano Carola anziché Fiamme Gialle. In Europa M5S non pesa e non può essere d' aiuto, mentre Conte lavora contro i progetti leghisti. Perfino sulla Rai i grillini rompono le scatole e giocano con il Pd contro l' alleato. Finché c' è da fare, resto al governo e faccio, è il mantra del leader leghista da mesi. La sensazione è che non ci sia più nulla da fare. di Pietro Senaldi