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Pierferdinando Casini è risorto ed è pronto ad andare al Quirinale dopo Sergio Mattarella

Cristina Agostini
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Che Matteo Renzi abbia il chiodo fisso e continui a pensare alla poltrona di palazzo Chigi, non è un mistero. L' uomo è tutto tranne che fesso: sa benissimo che la presidenza del Consiglio gli è preclusa, almeno finché il vento non cambia. Ma se c' è una cosa che davvero lo accomuna al corregionale Amintore Fanfani (detto «Rieccolo») e a Silvio Berlusconi, è la tigna: Renzi non è uno che molla. E a 44 anni può ancora permettersi di fare piani a lunga scadenza. Filosofia racchiusa nella frase con cui termina il suo libro pubblicato a febbraio: «C' è un' altra strada che ci aspetta. Non so se alla fine raggiungeremo la Terra promessa. So però che, nel dubbio, è sempre meglio mettersi in cammino». Si è messo in marcia subito dopo il tonfo del 4 marzo 2018. Accanto aveva Pier Ferdinando Casini, democristiano come lui. Generazioni e stili diversi, appetiti simili: per loro intendersi era stato facile, da prima che il bolognese appoggiasse il governo dell' ex sindaco di Firenze. Dal connubio erano nate la presidenza della commissione d' inchiesta sulle banche, affidata al leader centrista nel 2017 per volontà dell' allora segretario del Pd, e la candidatura di Casini nel collegio uninominale della sua città. Leggi anche: "È colpa di Salvini". Inizia il regime di dem e grillini: che cosa sa Casini, una bomba pazzesca sulla crisi L'ASSE - Insieme, ora sono in prima fila tra chi chiede ai dem di turarsi il naso e cercare «convergenze inedite» con i Cinque Stelle. Le elezioni a ottobre spezzerebbero il cammino che nei disegni di Renzi dovrebbe portare lontano tutti e due. Perché è vero che la sinistra sta facendo questa battaglia allo scopo principale di piazzare uno dei suoi al Quirinale, nel 2022. Ma all'interno di questo schema Renzi gioca una sfida personale, per far diventare il suo socio anziano il successore di Sergio Mattarella. Pazza idea? Niente affatto. Sulla carta, il profilo di Casini è uno dei pochi giusti. Dal punto di vista istituzionale, la prassi chiede che il capo dello Stato abbia un certo curriculum, e il nostro è stato parlamentare per la bellezza di dieci legislature, da quella iniziata nel 1983 sino all' attuale. A conti fatti, dei suoi 64 anni ne ha passati più della metà - 36 - tra Montecitorio e palazzo Madama. È stato presidente di un ramo del parlamento, come De Nicola, Gronchi, Leone, Pertini, Cossiga, Scalfaro e Napolitano prima di lui: tutti transitati al Quirinale. Per nove anni ha guidato l' Internazionale democratica centrista, la casa dei leader dc di tutto il mondo. SCUDOCROCIATI - Quanto alla sua affiliazione politica, è vero che sarebbe l' ennesimo democristiano a occupare quel ruolo, ma pur sempre il primo della seconda repubblica non proveniente dalla tradizione del cattolicesimo di sinistra. E nessuno potrebbe dire che il suo è un nome di parte, dal momento che le parti le ha coperte tutte, essendo stato alleato sia di Silvio Berlusconi sia del Pd. Adesso fa il pioniere della "strategia dell' attenzione" nei confronti dei grillini. Verso i quali non nutre quel fastidio che traspare quando parla di Matteo Salvini. Se davvero Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti faranno l'accrocco giallorosso, al momento giusto avranno bisogno di qualcuno che sappia indossare il doppio petto, conosca il cerimoniale e abbia contatti all' estero, e magari non sia sgradito al centrodestra. Su piazza non ce ne sono molti. Anzi, sembra essercene uno solo. Renzi punta su di lui, sapendo che avere un amico al Quirinale non è come essere tornati a palazzo Chigi, ma un po' aiuta. di Fausto Carioti

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