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Giancarlo Giorgetti apre alla maggioranza: "Facciamo alcune cose insieme". Ma Salvini lo gela subito

Caterina Spinelli
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 Il «tattico» Giancarlo Giorgetti, in «libera uscita» da Matteo Salvini tanto da spiazzare il «capo» («mi occupo di cose concrete»), è convinto che per salvare il Paese occorra una Costituente. «Mettiamoci attorno a un tavolo e facciamo quattro o cinque cose tutti insieme, per il bene del Paese, per poi tornare al voto», dice il plenipotenziario della Lega, durante il suo intervento a "Metamorfosi", il convegno organizzato dall' Huffpost, il quotidiano on line diretto da Lucia Annunziata, alla Fondazione Feltrinelli a Milano. Insomma, contro l' immobilismo dell' attuale governo di «belle statuine», non compreso dal Paese, occorre qualcosa di comprensibile e chiaro per gli italiani. Tanto che Giorgetti voleva farla già il 20 agosto scorso, quando Salvini decise di aprire la crisi. «Era l' unica cosa che dovevamo fare», spiega l' ex sottosegretario, «dovevamo aprire un tavolo per le riforme istituzionali». Allora, però, la finestra si è chiusa subito. Stavolta no. Stavolta rischia di spalancare porte e portononi. «Ci si mette d' accordo per cambiare le 4-5 cose necessarie, magari anche la legge elettorale», dice Giorgetti, «per dare la possibilità a chi governa di decidere». «Leggo che il governo vuole cambiare la legge elettorale. Ecco, se facciamo il proporzionale questo Paese è spacciato», afferma con forza l' esponente leghista. E se l' attuale maggioranza di governo risponde con una certa cautela alla proposta del leghista, dimostrandosi «disponibile» ad aprire il «confronto» nell' ottica di una legislatura di maggior respiro e lunghezza, il leader di Italia Viva getta subito il cuore oltre l' ostacolo. «Giorgetti lancia l' idea di scrivere tutti insieme le regole del gioco. Mi sembra una proposta saggia e intelligente. Italia Viva c' è», scrive su Twitter Matteo Renzi. Elemento, questo, che fa storcere il naso a Fratelli d' Italia che vede nell' ex premier l' uomo delle fibrillazioni, non certo delle grandi occasioni. Anche il Movimento 5 Stelle guarda con particolare sospetto all' idea di Giorgetti. «Sarò felice di ascoltare le proposte», dice il ministro per le Riforme, Federico D' Incà, «ma quello di cui ha bisogno il Paese oggi è la stabilità attraverso questo governo». Diffidenza, più che chiusura in senso stretto. La ragione, in questo caso, è tutta politica. «All' orizzonte ci sono tre anni di immobilismo per impedire a Salvini di non andare al potere», spiega Giorgetti, «e questo non ce la possiamo permettere, anche se noi prenderemo volentieri i consensi che ci arriveranno per disgusto. Se continuiamo a vincere le amministrative rafforziamo il governo, perché non siamo in una situazione normale». Il sindaco di Milano, Beppe Sala, pur essendo d' accordo con Giorgetti sulla Costituente, è meno ottimista sul voto anticipato. Per il primo cittadino, dopo le urne in Emilia, il governo e la maggioranza non potranno non prendere atto dell' indicazione degli elettori. Soprattutto per un governo sudista come questo, dove il ministro Giuseppe Provenzano è convinto che Milano renda poco, o niente, al Paese. Come no... Però una questione resta sullo sfondo. Il tattico Giorgetti in «libera uscita» da Matteo Salvini, l' uomo dei tatticismi, si muove per conto proprio oppure è il solito gioco delle parti? «Sono impegnato in temi molto più concreti», dice il leader della Lega, «la proposta di Giorgetti può essere interessante in prospettiva, però incontrando gli italiani, dalla Calabria alla Romagna, mi chiedono meno tasse meno e meno burocrazia. Quindi me ne occuperò più avanti». Magari quando il quadro sarà più chiaro. Giorgetti, uno a cui la vita parlamentare va stretta («schiaccio un bottone dal martedì al giovedì a Roma e stando lì si perde il contatto con il Paese reale che è a Milano») sembra comunque determinato. Dentro Forza Italia c' è chi parla di «buon senso e sguardo lungo», commentando la proposta di Giorgetti. Sullo sfondo, comunque il tema vero sembra essere la legge elettorale. Non a caso Giuseppe Brescia, presidente della Commissione affari costituzionali, ricordando la linea Salvini-Calderoli, si augura che le parole di Giorgetti «non siano l' ennesima presa in giro». In ogni caso, dialogo sì, ma «partendo però da proposte chiare e univoche della maggioranza». di Enrico Paoli

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