Palazzo Chigi, vertice tra Enrico Letta e Matteo Renzi: "Posizioni invariate"
Un'ora e un quarto di faccia a faccia a Palazzo Chigi. Anzi, di muro contro muro. Enrico Letta e Matteo Renzi si sono lasciati e "ognuno è rimasto sulle sue posizioni", come recitano fonti vicine alla Presidenza del Consiglio. Di più, il premier terrà come previsto una conferenza stampa nel pomeriggio, tra le 17 e le 18. Conferenza stampa assai temuta da Renzi, renziani e probabilmente anche Quirinale perché chi lo conosce bene descrive un Letta furibondo, amareggiato (è dir poco) dal "ribaltone" organizzato dal segretario del Pd e dal precipitare degli eventi in queste ultime ore. Soltanto martedì pomeriggio aveva annunciato il suo "Impegno Italia", il tanto atteso "patto di coalizione" richiesto da tempo da Angelino Alfano e dal Nuovo Centrodestra. Con ogni probabilmente il premier parlerà di questo, nel pomeriggio. La sfida finale a Renzi e Pd - L'avevamo già immaginato come Alì il comico, il ministro di Saddam Hussein che mentre le truppe americane stavano invadendo Baghdad aveva la forza di annunciare: "Stiamo vincendo la guerra". Parlare di programmi, riforme e progetti potrebbe suonare appunto comico, o tragicomico. Roba da "ultimo giapponese". Eppure ha una sua folle ratio. Letta tira dritto perché vuole arrivare allo scontro finale. Non vuole cedere, non si dimetterà, non acconsentirà a manovre di palazzo tanto meno accettando le controfferte di Renzi per lasciare la poltrona da premier. Vuole arrivare alla conta in Aula, pretende che il suo partito lo sfiduci apertamente, mettendoci faccia e voto. Solo allora lascerà la scena, dopo aver perso tutto. Il tempo perso dal premier - Umanamente il gesto di Letta, tra rabbia e orgoglio, è anche comprensibile. Politicamente, però, il premier può solo fare mea culpa. Dall'8 dicembre, giorno in cui Renzi è diventato segretario del Pd, il governo è caduto in letargo. Nuovo Centrodestra. Per la verità, è dalla fuoriuscita dalla maggioranza di Silvio Berlusconi a novembre che Alfano chiede un nuovo "programma di coalizione", su cui Letta nicchia attendendo l'esito delle primarie democratiche, facendo poco o nulla per risollevare il Paese. Poi tutti appesi alle labbra di Renzi. Che nicchia a sua volta, perdendo tempo indeciso sul da farsi. Ma quando i renziani si sono scaldati per il rimpasto, Letta avrebbe dovuto fare una cosa semplice e rapida: sostituire i ministri più discussi e mettere al loro posto qualcuno di più gradito al nuovo dominatore di largo del Nazareno. Invece ha atteso, fidandosi delle rassicurazioni di Renzi tutto impegnato a parlare con il Cavaliere delle riforme e non interessato, così diceva, a mettere in crisi il premier. Il rottamatore ha utilizzato quel tempo per convincere Giorgio Napolitano, Alfano, la grande finanza e la stampa più influente sulla "necessità" della staffetta, fregando così Letta. Il Muoia Letta con tutti i filistei sarà pure un colpo di teatro, ma rischia di essere solo l'uscita di scena di un premier kamikaze. di Claudio Brigliadori