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Governo, Renzi giura al Quirinale: i "gesti del gelo" con Napolitano

Giulio Bucchi
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"Grazie per i messaggi. Compito tosto e difficile. Ma siamo l'Italia, ce la faremo". Matteo Renzi affida a Twitter il proprio stato d'animo pochi minuti prima di salire al Quirinale per il giuramento ufficiale da presidente del Consiglio. L'investitura del capo dello Stato Giorgio Napolitano e lo scambio della "campanella" con il suo predecessore Enrico Letta daranno il via all'avventura del Renzi Uno a Palazzo Chigi, anche se i più critici non possono notare come il governo del segretario del Pd assomigli più a un Letta Due o, addirittura, a un Napolitano Tre.  Il giuramento di Renzi e dei ministri: segui la diretta tv I diktat del Colle - Renzi, sempre su Twitter, un giuramento l'ha già fatto: "Un impegno: rimanere noi stessi, liberi e semplici". Di sicuro, però, qualche concessione pesante l'ha già dovuta fare. Per esempio sul nuovo ministro dell'Economia: Pier Carlo Padoan è uomo della grande finanza internazionale, un passato all'Ocse a sostegno di austerity e rigore e assai gradito a Colle, Fmi, Bce e Union europea. In teoria, non così gradito a chi chiedeva di "cambiare verso" anche rispetto alle politiche economiche di Monti e Letta. E poi la grana Giustizia: Renzi sarebbe arrivato al Quirinale, venerdì pomeriggio, con il nome del Procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri primo della lista. Secondo ricostruzioni, sarebbe stato proprio il presidente Napolitano a insistere per sostituirlo. Alla fine l'ha spuntata il piddino Andrea Orlando, ex Ambiente nonché ex responsabile Giustizia dei democratici. Un "politico" e non un "tecnico", definito garantista. Il sospetto dei manettari è che sia stato messo lì per non massacrarare Berlusconi. Il sospetto del resto del mondo è che Orlando sia lì per non attuare riforme vere e profonde che scontentino le toghe. In ogni caso, un ministro debole laddove servivano polsi fermi e pugno di ferro.  Vota il sondaggio: Secondo voi chi ha vinto tra Renzi e Napolitano? I gesti del gelo - Due "ipoteche" quirinalizie sul governo renziano: il giudizio sul nuovo esecutivo gira intorno a questo punto. E alcuni segnali usciti dal Colle già nella mini-conferenza stampa di venerdì sera qualche segnale l'hanno lanciato. "E' il governo di Renzi, non di Napolitano", ha sottolineato Re Giorgio. Maniera istituzionale per prendere un po' le distanze dall'esecutivo "tutto politico" di Matteo, oltre che per tirarsi fuori dalle polemiche. Impossibile però non notare un filo di gelo tra i due: due ore e mezza di confronto (Renzi aveva la voce roca, alla fine, segno che si è parlato tanto), che un po' maliziosamente il Colle ha fatto notare come il premier abbia utilizzato per completare le sue consultazioni, mentre il presidente "sbrigava le pratiche ordinarie". Renzi, dalla sala della Vetrata, è stato sfrattato nel "gabinetto napoleonico", nome che solo a leggerlo lascia intendere foschi presagi. E poi qualche dettaglio, superficiale ma neanche troppo. Renzi ha parlato ai giornalisti, e poi è scappato via, al Nazareno, senza ascoltare le parole di Napolitano. Che un anno fa, con Enrico Letta, fu protagonista di pacche sulle spalle e mani incrociate con il giovane premier. Segno che se con Letta c'era vicinanza assoluta, anzi un "patronato" vero e proprio, con Renzi è tutto diverso: ognuno per la sua strada, ognuno (soprattutto il fu Rottamatore) si dovrà prendere le proprie responsabilità. E quella frase pronunciata da Napolitano sulla durata del governo ("Fino al 2018? Non posso metterci la mano sul fuoco"), oltre che razionalmente ineccepibile, non può non suonare sinistra. di Claudio Brigliadori

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