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Salvini, mossa pazzesca: piedi in testa a Di Maio. Grillino ribaltato e umiliato, caos nel governo

di Giulio Bucchi sabato 30 giugno 2018

4' di lettura

Sul decreto della dignità Luigi Di Maio ha subito perso la sua dignità di ministro. E pare che Beppe Grillo inizi drammaticamente a rendersene conto. La Lega di Matteo Salvini è invece più attrezzata e speriamo che con l' aiuto di ministri competenti come Enzo Moavero e Giovanni Tria riesca a tenere la barra dritta per l' intero esecutivo. Ieri, comunque, il leader leghista ha già avvisato Giggino: «Capisco la voglia del collega Di Maio di limitare il precariato. Ma faremo attenzione che nel nome della lotta al precariato, sacrosanta, non si danneggino gli interessi dei lavoratori e delle imprese costringendole al nero». Leggi anche: Asse tra Salvini e il "ministro infiltrato", sgambetto a Di Maio Tutto è cominciato con i "fattorini del cibo", su cui il ministro Di Maio ha alzato un polverone senza risolvere il problema ed è stato superato, a sinistra, dalla Regione Lazio e, a destra, dalla Lombardia, con l' assessore all' Istruzione, formazione e lavoro, Melania Rizzoli, che non solo per prima ha ricevuto i riders ma ha già avviato un progetto pilota per le loro tutele. Adesso è la volta del "decreto dignità", annunciato urbi te orbi come il provvedimento della svolta nell' economia italiana ma che si è subito schiantato con la dura realtà. Doveva essere approvato questa settimana, invece è stato rinviato alla prossima, se si troverà la quadra e se si troveranno le risorse per finanziarlo. Innanzitutto un' osservazione: non navighiamo nell' oro quindi andrebbe fatta una selezione delle promesse fatte in campagna elettorale e anche dopo. Realizzarle tutte è impossibile. Per non parlare del contratto di governo, ormai superato dai continui proclami dei due vicepremier. Scelgano la Flat tax la Lega e il reddito di cittadinanza i 5 Stelle: è già tanto, mettere altra carne a cuocere significherebbe alla fine non fare niente. Anche a livello di credibilità dei leader dei due partiti di maggioranza, così come del governo, meglio puntare tutto su poche cose dirompenti e su cui c' è l' impegno irrevocabile di tutti, altrimenti si rischia di disperdere le risorse finanziarie e perdere tempo. Come è accaduto con gli ultimi esecutivi di centrosinistra, non votati dagli italiani, soprattutto con Matteo Renzi e il suo ministro Padoan, che di certo non hanno cambiato il Paese. I punti - Nel merito: l' abolizione di redditometro, spesometro e split payment sono sacrosante, le imprese le attendono da quando sono state istituite, tanto erano sbagliate, ma se il governo si appresta davvero a varare una riforma epocale sul fisco e, una volta ridotte le aliquote, a introdurre sanzioni più severe per gli evasori, che bisogno c' è di provvedimenti specifici? Quegli strumenti, così brutti e cattivi (siamo d' accordo), scompariranno da sé, appartenendo ormai a un sistema vecchio e superato. Se davvero ha a cuore le sorti degli imprenditori italiani, che vuole lasciar liberi di fare impresa, Di Maio semplifichi la burocrazia, provi a ragionare su come risolvere le difficoltà dei piccoli commercianti travolti da Amazon, rifletta sull' impatto che i mondi del digitale e dell' intelligenza artificiale stanno avendo sul tessuto economico del Paese. Si dimostri lungimirante e vada per una volta oltre i semplici spot. La delocalizzazione delle imprese, altro fiore all' occhiello del decreto "imbecillità", non si combatte con le sanzioni ma creando in Italia le condizioni per produrre e lavorare bene. Il precariato si riduce stimolando la crescita e creando occupazione: lo fanno le aziende, non i decreti. I paletti che il ministro vuole imporre distruggono le società che operano nel settore del turismo estivo, che sono tante in Italia e che proprio con l' inizio della stagione si apprestavano a stipulare i contratti per i loro collaboratori nei mesi di maggiore attività. Un rapporto di Unioncamere stima in 1,3 milioni i rapporti di lavoro previsti entro agosto, di cui 510mila solo a giugno. Ora si trovano fra capo e collo un atto del governo che fa saltare tutti i piani, creando difficoltà al normale svolgimento dell' attività, quindi alla capacità e alla possibilità di produrre reddito. Solo per compiacere gli elettori più di sinistra, i sindacati e qualche troll sui social network. Difficoltà - Quando fa scrivere i decreti, poi, sarebbe bene che il ministro distinguesse tra chi delocalizza per abbattere i costi di produzione e chi invece apre nuove sedi all' estero perché espande la propria attività: quella internazionalizzazione tanto auspicata dalle imprese in quanto segno di prosperità, che non può essere bloccata con una norma di legge. Non avendo mai lavorato, Di Maio non sa cosa significhi portare avanti un' azienda, quante difficoltà bisogna affrontare ogni giorno, si limita ad origliare cose che trasforma subito in legge per dimostrare la sua iperattività. Senza una strategia di lungo periodo. Ed è così che, invece, viene fuori tutta la sua pochezza. di Paola Tommasi

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