Alla fine non c’è andato. Silvio Berlusconi ha deciso di dare buca a Matteo Salvini: dovevano annunciare insieme l’appoggio di Forza Italia ai referendum della Lega Nord. Il Cavaliere ha preferito farsi rappresentare da Giovanni Toti e dai capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani. Pesa l’alleanza con Marine Le Pen, è la motivazione ufficiale. Eppoi non c’è fretta di rilanciare le alleanze, in assenza di una nuova scadenza elettorale all’orizzonte. In realtà, raccontano, c’è anche un’altra motivazione. All’ex premier non è andata giù quella frase, due giorni fa Salvini gli ha dato del vecchio, pur non volendo offendere: «Ci sono ottantenni più svegli di ventenni che dormono». E Silvio, che di anni ne ha 78, accetta tutto tranne che gli si ricordi l’anagrafe. È un nervo scoperto, toccato anche l’altro giorno durante il vertice di partito. Velatamente, non in maniera tranchant come ha fatto Salvini. Ma Berlusconi ha intuito nei ragionamenti di alcuni dei suoi dirigenti la sensazione che lo considerino già in quiescenza, come leader del partito. E la cosa lo ha offeso molto: «Ci sono altri in Forza Italia pronti, come Alfano, ad accoltellarmi alle spalle», ha confessato, «mi vogliono spodestare, ma il partito sono io». Parimenti, la vecchia guardia azzurra accusa il cerchio magico di aver relegato il Cavaliere «in una teca». Tutto ciò che accade nel partito gli viene «filtrato» sapientemente, ogni questione aperta è rappresentata ai suoi occhi come «l’indizio di una congiura». La cosa delle primarie, per esempio. Mercoledì Berlusconi ha dato il via libera, a patto che le consultazioni della base non riguardino il suo ruolo. Che è indiscusso. Ieri, però, l’ex premier ci ha ripensato. E ha chiesto ai suoi di frenare, lamentando «una vera e propria aggressione ai miei danni» da parte dei colonnelli forzisti. I quali, a loro volta, puntano il dito contro «i cattivi consiglieri» che si è messo accanto il Cav. «Di questo passo, porteranno il partito all’8 per cento», si sfoga un forzista in Transatlantico, «tanto a loro che gli frega, il posto ce l’hanno assicurato». E questo è il clima. I dissapori interni non aiutano certo a concentrarsi sulla politica delle alleanze. Il riavvicinamento con il Carroccio parte con il freno a mano tirato. «Non c’è fretta», spiegano dall’una e dall’altra parte. E, d’altronde, «non si può ripresentare la riedizione di un vecchio progetto». Il capogruppo azzurro alla Camera, Renato Brunetta, spiega comunque che l’appoggio di Forza Italia ai due referendum leghisti (sul ripristino del reato di immigrazione clandestina e sull’abolizione della riforma Fornero) «è un segnale politico molto forte». Conferma Paolo Romani, secondo cui proprio la presenza di Salvini e Giovanni Toti, consigliere politico azzurro e neo eletto europarlamentare, è la dimostrazione «che il rinnovamento della classe politica passa attraverso il consenso popolare». Toti conferma: «Deve riaprirsi ildialogo con tutte le forze alternative al centrosinistra». Salvini fa «gli auguri» a Forza Italia, impegnata in questa fase di forte dialettica interna, «perché noi di riunioni tempestose ne abbiamo fatte molte, ma dopo la tempesta viene il sole». L’importante per il segretario del Carroccio «è arrivare tra un anno alle elezioni regionali con i referendum e un centrodestra che se la gioca per vincere, chi se ne frega delle primarie di coalizione, facciamo un progetto vero senza forzature». Poi c’è il Nuovo centrodestra. Lì le relazioni sono molto più difficili, pesano la lacerante pagina della scissione e una campagna elettorale senza esclusione di colpi. Anche qui però Berlusconi non ha fretta. Voci dal Senato fanno sapere che, visto il deludente risultato elettorale, nelle prossime settimane potrebbe esserci una nuova scissione, con un’uscita dal gruppo degli alfaniani: «Inutile trattare con Angelino», è la linea di Fi, «col dubbio che tra un anno Ncd si sarà dissolto». di Salvatore Dama