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Forza Italia, Toti irritato coi falchi: "O pieni poteri o niente"

Il direttore di Studio Aperto e Tg4 non accetta il ruolo "dimezzato" che vorrebbero per lui Verdini & Co. Le colombe mediano
di Giulio Bucchi domenica 12 gennaio 2014

2' di lettura

Irritato Silvio Berlusconi. Irritato anche Giovanni Toti. I falchi di Forza Italia sul piede di guerra hanno sì costretto il Cavaliere a rinviare la nomina dell'attuale direttore di Studio Aperto e Tg4 come coordinatore del partito, ma il risultato potrebbe essere un boomerang. Secondo quanto scrive Paola Di Caro sul Corriere della Sera, Toti non avrebbe gradito l'opposizione più o meno alla luce del sole dell'ala dura degli azzurri (da Verdini alla Santanchè, da Fitto a molti onorevoli), preoccupata da possibili ribaltoni, rivoluzioni ed esclusioni dalle liste future e di un altrettanto possibile riavvicinamento al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. E per questo Toti, indispettito, avrebbe rilanciato chiedendo a Berlsconi un ruolo "pieno", decisionale ed operativo. I falchi, invece, preferirebbero per lui una poltrona da "portavoce ufficiale", quasi un rappresentante mediatico con nessun potere sull'organizzazione ufficiale del partito. Il vertice con Silvio e Marina -  Toti ha ribadito il suo "no" secco a incarichi dimezzati in un vertice ad Arcore insieme a Silvio e Marina Berlusconi. Se c'è da cambiare Forza Italia io ci sono - è il succo del ragionamento del direttore -, e sono soltanto un'altra figurina da aggiungere alla collezione del partito, non ci sto. In questo senso è importante la mediazione delle colombe azzurre, prima fra tutte Mariastella Gelmini. La mediazione delle colombe - Per evitare eventuali scissioni di cui si è parlato anche sabato si potrebbe procedere con una linea morbida: prima il Cav nomini gli organi nazionali e l'ufficio di presidenza, senza esautorare sul colpo Verdini, quindi si assegni la delega più "pesante" a Toti. Il dubbio dei falchi però rimane: accettare quello che sarà a tutti gli effetti un commissariamento oppure scatenare una guerra fratricida che rischia, se vinta, di lasciare sul campo del centrodestra solo macerie.

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