E' passato qualche giorno dal primo maggio, ma la polemica tra il premier Matteo Renzi e il compaesano Pierò Pelù non si placa e il cantante toscano torna ad attaccare con un post su Facebook paragonando il nuovo governo ad un regime e Renzi a un dittatore. Il post - "Il regime renziano fa fuori chi è libero e non la pensa come lui, ai tempi di Berlusconi e di Mussolini questa roba si chiamava fascismo. Altro che Partito democratico". Poi continua: "Le camicie nere del governo Renzi - scrive il leader dei Litfiba - in questi giorni mi hanno bastonato duro per aver osato parlare di mafie italiane, di voto di scambio, di corruzione, di spese allucinanti e inutili che rubano risorse enormi alla scuola, alla sanità e alle famiglie che invece (e saranno poche) si dovranno accontentare dei famosi 80 euro (ne meritano molti di più, è chiaro ora il mio pensiero?) per continuare a sperare e sopravvivere". Contro la Stampa - Pelù nel post su Facebook non risparmia attacchi anche ai giornalisti, rei di aver scritto falsità. In particolare il roker fiorentino se la prende con Francesco Merlo: "Ha scritto - dice - uno degli articoli più palesemente subdoli, faziosi, deliranti e psichedelici degli ultimi anni proprio su di me infarcendolo di bugie, falsità e inesattezze tanto da sembrare una triste battuta dall'inizio alla fine". Il primo maggio - Tutto era iniziato il primo maggio, festa dei lavoratori, con l'attacco a Renzi di Pelù durante il concerto del Primo Maggio in piazza San Giovanni a Roma: "Il non eletto, ovvero il boy-scout di Licio Gelli, deve capire che in Italia c'è una grande guerra interna, e si chiama disoccupazione, corruzione, voto di scambio, mafia, camorra, 'ndrangheta. Fa elemosine da 80 euro: noi però abbiamo bisogno di lavoro".
