Forza Italia, Gianpiero Samorì: "L'Italia non m'interessava... Meglio l'Europarlamento"

di Giulio Bucchidomenica 25 maggio 2014
Forza Italia, Gianpiero Samorì: "L'Italia non m'interessava... Meglio l'Europarlamento"
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"Mi sono accorto, con gli anni, che i nostri rappresentanti in Europa hanno quasi tutti un deficit di conoscenze economiche. Vanno a discutere dei provvedimenti dei quali neanche capiscono le conseguenze sul piano interno. Per questo, mi sono detto: perché no?. Perché non candidarmi all'Europarlamento?". Gianpiero Samorì ci prova con Bruxelles. Il leader del Mir, Moderati in Rivoluzione (un ossimoro però fortemente voluto), tenta la strada dell'Ue. In lista con Forza Italia nella circoscrizione Nord-Est. Modenese, classe 1957, avvocato e banchiere, è entrato di prepotenza nella scena politica un paio di anni fa con l'autodefinizione di "Berlusconi in piccolo" o "nuovo Berlusconi", visto che si lanciò nell'agone delle primarie Pdl, poi abortite, per la leadership azzurra. Da esperto di banche è stato sotto la lente della magistratura per il caso Tercas, la Cassa di Risparmio di Teramo, da cui però si dice ottimista sul fatto che la sua posizione verrà archiviata. E al Nord ha siglato un patto di ferro con Renzo Tondo, ex governatore del Friuli, che gli ha assicurato un bottino di voti. Samorì, lei ha tentato con il suo Mir anche alle scorse Politiche, ma senza andare oltre lo 0,6%. Ora si affida a Forza Italia e ha coniato il suo slogan in rima: In Europa sì, ma non così. "Il Mir è sempre stato all'interno della coalizione di centrodestra guidata da Silvio Berlusconi e alle Politiche Forza Italia mi aveva chiesto di candidarmi come capolista in Emilia Romagna, ma non avevo accettato perché m'interessava relativamente poco. Nel senso che le specifiche professionalità di cui dispongo sono meglio spendibili in Europa piuttosto che nel Parlamento italiano". Quali competenze vorrebbe portare al Parlamento europeo? "La prima cosa che vorrei fare è creare un ufficio gratuito di informazione e consulenza aperto a tutti i cittadini e in linea con tutte le amministrazioni, perché la maggior parte degli amministratori pubblici non sa nemmeno come si fa a leggere un bando e dove si può accedere ai fondi europei". I cittadini sanno poco di Europa, ma anche gli eurodeputati sono carenti su certe materie? "Assolutamente sì. Le faccio un esempio: abbiamo approvato Basilea 3, che si fonda completamente su un assorbimento di capitale delle banche, senza renderci conto però che le banche italiane avevano problemi di capitale, quindi il credito si sarebbe rarefatto. Altro esempio la direttiva Bolkestein. Se noi andiamo in Europa senza renderci conto delle specificità del sistema economico italiano e ci troviamo di fronte a queste direttive fatte per altri Paesi, facciamo degli sfracelli". Il credito è una sua ossessione. "Ma certo. Perché ogni tre mesi calano gli stock di credito offerti dalle banche alle famiglie e alle imprese. Se noi non facciamo la stessa operazione che ha fatto la Spagna tre anni fa, cioè chiedere alla Bce di cambiare gli stock non cambierà mai nulla. Poi noi abbiamo un fisco da vergogna. Disastroso". E un altro dei suoi chiodi fissi è espropriare i patrimoni delle fondazioni bancarie. Che detto da un banchiere… "Se vogliamo investire dobbiamo farlo: 350 miliardi di patrimonio delle fondazioni bancarie deve essere espropriato. Solo così possiamo ridurre il debito, prendendo i soldi dove ci sono davvero. Abbiamo il fisco per fare cassa, un fisco che ogni tre mesi aumenta, penalizza imprese e famiglie. E infatti dobbiamo ridurre l'imposizione fiscale, perché è l’unico modo per permettere alle aziende di non evadere. Se le aziende non evadono in Italia falliscono, questa è la triste verità. Per non parlare dell'edilizia, settore trainante per l'Italia, ma oggi completamente bloccato". Quale è la sua ricetta per risollevare l'edilizia? "Dobbiamo chiedere alla Bce un piano straordinario di 100 miliardi l'anno extra-deficit per fare ripartire l'edilizia. La Bce stampa denaro. Per risanare le banche ha stampato mille miliardi, noi chiediamo di fare la stessa cosa per aumentare la massa monetaria". La gente è satura. Il fronte dei no-euro è sempre più cospicuo. Lei dove si pone? "Il problema non è entrare o uscire dall'euro. La domanda è: fino a che punto possiamo rimanere nell'euro? Perché rimanere è un vantaggio, entro certi limiti. Ma abbiamo costruito una moneta unica all'interno di Stati con economie molto diverse. Quindi, o s’introducono dei correttivi, oppure non ha senso avere dei rendimenti così differenziali". E' vero che è disposto perfino a incatenarsi davanti alla Banca centrale europea? "Certo. M'incatenerò davanti alla Bce in giacca e cravatta. E se ci saranno delle donne, s’incateneranno in tailleur. Dobbiamo riformare la Bce, altrimenti non ha senso rimanere nell'euro". Passando alle questioni interne, come giudica gli 80 euro in busta-paga promessi dal premier Matteo Renzi? "Io dico che di per sé aumentare i redditi bassi è utile perché serve a fare ripartire i consumi e quindi l'economia. Ma l'operazione che ha fatto Renzi è puramente elettorale, perché non ha diminuito le imposte ma ha dato un bonus e poi, tornando indietro di 40 anni, ha ripristinato sostanzialmente quelli che erano i pacchi dell'Eca, l'Ente di assistenza comunale. Li davano giusto prima delle elezioni. Ma noi dobbiamo costruire uno Stato che sia al servizio di imprese e famiglie, non al servizio delle istituzioni. Perché se no finiamo tutti in bolletta". di Brunella Bolloli