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Fli, Fini convoca il partito: verso la scioglimento

di Sebastiano Solano domenica 10 marzo 2013

Gianfranco Fini

3' di lettura

Missione compiuta. La scomparsa dell'ultima distorta derivazione di quello che fu il Movimento Sociale di Giorgio Almirante è questione di ore. Gianfranco Fini, con un lavoro iniziato nel lontano 1993 con la cosiddetta "Svolta di Fiuggi", pare aver centrato l'obiettivo: quello di autodistruggersi, dissipando un patrimonio storico, culturale e politico come quello del Msi, che poteva contare fino a qualche anno su un bacino di voti di circa 6 milioni di elettori. Ma l'aria, negli anni, è cambiata. Già in molti non gli perdonarono la "svolta". Ma è stato con "lo strappo", con il "che fai, mi cacci?", con la fondazione di Futuro e Libertà e con l'appggio incondizionato a Mario Monti che Fini ha firmato la sua fine. E così l'appuntamento con il suicidio politico è fissato per oggi, giovedì 7 marzo, nella sede di Via Poli 29, durante una riunione convocata dal presidente della Camera che già si annuncia infuocata e dove, con tutta probabilità, Futuro e Libertà sarà sciolto. Granata conferma - La conferma, nemmeno tanto velata, arriva da Fabio Granata che alle agenzie ha dichiarato: "Fini ci ha convocato, non ha voluto anticiparci nulla del contenuto di quel che ci vuole dire, andiamo lì per ascoltare. Certo - aggiunge Granata - il clima è di grande scoramento, ma anche di grande volontà di rinvincita perché vedere in Parlamento certi personaggi e noi, che pure ci siamo battuti per la trasparenza, fuori dal Parlamento fa male. Troveremo forme e modi per rilanciare il progetto della destra legalitaria e repubblicana". Dopo la débacle elettorale, con Fli ferma ad uno strimizzito 0,47% - un risultato che complice il crollo di Casini ha comportato l'esclusione dei futuristi e dello stesso Fini dal Parlamento - il delfino di Almirante avrebbe deciso di porre fine alla fallimentare esperienza futurista. Almeno questa è la voce che rimbalza nelle ultime ore e ripresa anche dalle agenzie di stampa.  Menia tiene duro - Una delle prime reazioni, la più dura, è stata quella di Roberto Menia che, indirettamente, accusa Fini di non aver voglia di combattere: "Il fatto che non siamo in Parlamento non significa che l’esperienza politica di Fli debba finire. Non è un dramma non stare in Parlamento, quando siamo nati abbiamo detto una serie di cose, che non ho intenzione di rimangiarmi: siamo contro una certa destra che paga senatori e deputati, come abbiamo visto in questi giorni, per una destra moderna ed europeista. Io, in questa esperienza, continuo a dire che resto un uomo di destra, che con Berlusconi non potevamo e non possiamo più stare, che con Monti non sono diventato centrista. Penso che una destra europea si possa fare".  La chiusura della sede - Ma la "chiusura" di Fli, l'eutanasia politica di un progetto fallimentare, il crollo definitivo dell'uomo di Montecarlo non arriva proprio come un fulmine a ciel sereno. Come vi avevamo raccontato su Libero, venerdì 1 marzo c'erano degli strani movimenti attorno alla sede. Alcuni dipendenti erano stati avvistati mentre spostavano gli scatoloni e alcuni di loro erano stati visti allontanarsi con delle confezioni di parmigiano: "Almeno avremo qualcosa da mettere in tavola, un contentino", ha affermato uno di loro. Il punto? Non ci sono soldi, nemmeno quelli dei rimborsi elettorali. E non ci sono nemmeno elettori: la sede di Fli chiude. Un Fini da record, insomma: prese in mano l'Msi e lo sciolse. Fondò e affondò An in pochi anni, quando ancora poteva sperare in un futuro di rilievo nel centrodestra. Poi, due anni fa, l'avventura di Fli: ucciso nella culla. Anzi, mai nato. E il tutto fa il paio con la sua esclusione dal parlamento. Gianfranco si potrà consolare con le immersioni a Giannutri...

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