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Basta sceriffi e terrorismo fiscaleBefera alla fine depone le armi

Dopo i suicidi e le proteste, il presidente di Equitalia allenta le maglie della riscossione: sulle tasse tira un'aria nuova. Ora attendiamo che si scusi
di Andrea Tempestini domenica 28 aprile 2013

Attilio Befera

3' di lettura

  di Gianluigi Paragone Diciamo che gli basterebbe andare in tivù e chiedere scusa. A volte questi piccoli gesti di umiltà servono. Non so se però Attilio Befera accetterà il consiglio; se un po’ ho capito il suo carattere persevererà nel sostenere che la colpa non è mai stata sua  ma delle leggi sbagliate. La verità invece è un’altra: il vento sui metodi di Equitalia è cambiato e soprattutto le macerie di quel modus operandi sono sotto gli occhi di tutti. In momenti di grave crisi sociale ed industriale atteggiarsi da sceriffo è quanto mai deleterio. L’aria è cambiata, dicevamo. Non solo Berlusconi, la Lega e Grillo hanno da tempo puntato l’indice contro i guasti prodotti dalla strategia di Equitalia, ma pure dalle parti del centrosinistra si sono fatti la stessa opinione. Non si tratta di un atteggiamento di mero calcolo elettorale (che pure ha la sua importanza). A smuovere le acque è stata la rivolta spontanea partita da moltissimi cittadini rimasti impigliati nei provvedimenti, talvolta estremi, degli agenti riscossori. Questa protesta, sfociata anche in gesti di violenza, è arrivata finalmente sul tavolo di Befera che ha innestato la retromarcia: dopo il blocco dei pignoramenti sui conti correnti dove sono accreditati pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici in debito col fisco, ecco il disgelo sulle procedure di riscossione in capo alle aziende. È bastata una direttiva (per ora solo annunciata) firmata da Attilio Befera e finalizzata alla semplificazione dei controlli sui rimborsi dell’Iva. Non solo, anche le imprese che hanno commesso errori di calcolo dell’imposta sostitutiva sui salari di produttività non saranno soggette al pagamento delle sanzioni, se entro la fine dell’anno hanno restituito gli importi dovuti. Una boccata d’ossigeno che poteva essere autorizzata anche prima se soltanto la lotta all’evasione (sempre sacrosanta) non avesse portato a trattare il moroso come un evasore. Questo bastava. Invece l’ubriacatura e il fanatismo dell’anno montiano hanno scardinato un sistema già in ginocchio per colpa della crisi. Su questo punto, Libero da tempo evidenziava le storture del sistema, contestando al legislatore - ma anche allo stesso numero uno di Equitalia - una severità eccessiva. Una severità che tra l’altro a quasi nulla è servita nella lotta verso i grandi evasori. Molto ancora c’è da fare perché l’altro punto assai dolente della questione fiscale riguarderà il pagamento dell’Imu e soprattutto le procedure. Infatti le «ganasce fiscali» scatteranno ugualmente sotto i mille euro di debito inevaso se il pagamento non avviene entro 120 giorni, così come l’ipoteca sulla casa (prima o seconda è uguale) può essere ordinata sopra i 20mila euro. Complicazioni enormi, poi, restano sul fronte della procedura in quanto chi è in debito col fisco e ha ricevuto un primo avviso di pagamento, ove mai chiedesse il pagamento a rate ma non ottenesse una risposta, si trova iscritto ugualmente nell’elenco dei «cattivi», con l’aggravio di una multa pari al 28 per cento. Il cane che si morde la coda. Da questa situazione di eccessiva severità è difficile uscire. Il governo Monti e l’atteggiamento (spero ormai superato, ma ripeto: occorrerebbe un gesto pubblico di umiltà) di Attilio Befera non hanno aiutato a stemperare il clima di ostilità, sulla cui scia si sono innestati episodi di ribellione autentica oltre a un crescente disagio sociale. La durezza e la severità infatti non hanno disteso il già difficile rapporto dei cittadini col fisco italiano. Si potevano allentare prima queste ganasce punitive? Certo che sì, bastava volerlo. Le leggi sbagliate o si cambiano oppure, se si è in disaccordo, si contestano, magari anche col gesto delle dimissioni. Invece niente. Per quasi due anni si è preferito il muro contro muro e i blitz assai spettacolari. Ora, però, il vento politico è cambiato, non nel senso di un abbassamento della lotta all’evasione (quella vera, quella che non deve dare respiro ai grandi evasori e ai grandi furbetti ha da proseguire con durezza), ma nel senso di una maggiore comprensione verso le istanze di chi per colpa della crisi economica si trova a non poter far fronte agli obblighi o è in ritardo. Troppe aziende e troppe famiglie sono saltate per aria per colpa dello sceriffismo: evitiamo di proseguire su questa pericolosa strada.   

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