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Loggia Ungheria, lo scandalo arriva fino ai renziani: Pietro Amara, dettagli (e nomi) pesantissimi

giovedì 6 maggio 2021

2' di lettura

I verbali segreti dell'avvocato Pietro Amara colpiscono prima la Procura di Milano e poi il Consiglio superiore della magistratura. Messaggi in codice, allusioni. E di storie come quella che riguarda Luca Lotti, il deputato (ex renziano) si sarebbe dedicato a una attività di intenso dossieraggio nei confronti del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, responsabile di indagare troppo sul caso Consip. "Lotti mi disse che stava vivisezionando Ielo e famiglia, mi disse che aveva ricevuto da Claudio Granata (ufficio legale di Eni, ndr) copia del cassetto fiscale di Domenico Ielo (fratello del magistrato, ndr) dal quale risultava che questi aveva avuto un incarico professionale dalla società Siram", spiega Amara.

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"Scrissi subito a Granata che mi confermò che la documentazione di Ielo a Lotti l'avevano data loro e che se l'erano procurata attraverso un informatico della security". Un'accusa grave, scrive il Giornale. I verbali di Amara sono però pieni di nomi importanti, indicati come membri della fantomatica Loggia Ungheria. "Luca Lotti insieme a Claudio Granata stava setacciando la famiglia Ielo, l'interesse era soprattutto di Lotti e Granata era contento di aiutarlo", spiega ancora Amara. Parla anche della nomina nel 2016 del procuratore capo di Milano. "La Loggia Ungheria fu utilizzata per condizionare la nomina del procuratore di Milano. Si sollecitarono candidature di persone amiche o alle quali si poteva in qualche modo accedere".

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Sono tanti i veleni che getta Amara. Contro il comandante della Finanza Toschi, l'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, l'ex giudice Livia Pomodoro, tutti indicati tra i quaranta membri di «Ungheria», o l'ex premier Giuseppe Conte e i suoi incarichi professionali. Amara però quasi mai indica la fonte delle sue notizie, o lo fa in modo vago. Ma a seguoto delle sue parole non parte né l'inchiesta sulla Loggia e nemmeno viene arrestato per calunnia. L'unico reato contestatogli è blando, "induzione a non rendere dichiarazioni".

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