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Centrodestra, la rivolta silenziosa degli elettori astenuti: perché bisogna cambiare strategia

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Renato Besana
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Il tempo c'è, ma non troppo, fino ai primi di dicembre, poi comincia la giostra per l'elezione del presidente della repubblica, appuntamento al quale bisogna presentarsi con le idee chiare. Oggi il centrodestra vive una sorta di anno zero: i suoi leader si aggirano tra le rovine d'un disastro il cui unico aspetto imprevedibile era l'ampiezza, da incubo. Perdere anche Varese, Latina, Isernia, Cosenza e Savona non è stata soltanto una sconfitta: è stato un insulto. Adesso siano risparmiate all'intelligenza degli elettori le scuse che non convincono neppure chi le pronuncia. Salvini, per esempio, non dica che i candidati non hanno avuto abbastanza tempo per farsi conoscere: un Bernardo, per esempio, anche se avesse cominciato la propria campagna elettorale nel mesedi novembre, avrebbe al massimo potuto sgranocchiare a Sala qualche punto percentuale, non sufficiente a batterlo. Prendere una batosta qualche volta aiuta a crescere.

 

 

 

Il centrodestra può emendare i propri errori, cominciando dalla collocazione in ambito nazionale. Forza Italia è convintamente al governo, la Lega ci sta con occasionali mal di pancia, Fdi ha scelto l'opposizione senza ripensamenti. Per contemperare le diversità, si cominci col precisare i ruoli: Fi e Lega restino dove sono, con il compito di evitare che, arrivato l'inverno, Draghi indossi il loden, si trasformi cioè in un novello Monti, mentre Fdi dovrebbe indirizzare i propri strali al lato sinistro della frastagliata maggioranza. Draghi gode per il momento di un consenso ampio e trasversale, consentire che il Pd se ne impossessasse è stata una mossa perdente. Lo stesso vale per i vaccini e Green pass: giustificare e sostenere l'esigua minoranza di No pass non aiuta a intercettare voti. Anche perché quel miscuglio di paure e povertà- più che comprensibili- ingrossa le file dell'astensionismo, definito "un dramma socio-culturale" da Massimo Cacciari in un'intervista alla Stampa.

 

 

 

Si tratta anche, a nostro sommesso avviso, di una rivolta silenziosa nei confronti del centrodestra, che non ha saputo offrire alla parte più debole della società uomini e argomenti per cui valesse la pena mobilitarsi. Se tutto va bene, stiamo per uscire dall'immane tragedia collettiva della pandemia. Un momento storico nel quale si cercano speranze, gente seria che ci governi, prospettive solide e rassicuranti. I due giovani leader, Salvini e Meloni, che hanno litigato mesi e mesi per il primato nella coalizione, scaricando sugli elettori il loro messaggio ansiogeno, non sono piaciuti. Gli unici due successi di peso, in Calabria e a Trieste, si devono a candidati di Forza Italia, cioè di un partito moderato, benché oggi non in grande spolvero. Anche il 20% di Calenda a Roma dimostra la voglia di centro. Chi vuol davvero vincere, non può non tenerne conto. 

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