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Quirinale, la mano della fronda no-vax nella corsa al Colle. Non solo Cunial: quanti sono, perché possono stravolgere i piani

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Il tempo stringe e l'elezione del presidente della Repubblica si avvicina. Numeri alla mano né centrosinistra, né centrodestra sono in grado di candidare al Quirinale un proprio nome senza qualche "aiutino". E quell'aiutino potrebbe arrivare proprio dal gruppo Misto. Il gruppo che alla Camera rappresenta la quinta forza politica e al Senato la quarta con ben 66 deputati e 47 senatori. Insomma, mica spiccioli. Quella del Misto però è una realtà eterogenea con un presidente a Montecitorio, Manfred Schullian del Südtiroler Volkspartei, e anime di vario genere. All'interno si contano 14 ex 5 Stelle oggi riuniti nell'Alternativa c'è, gli ambientalisti e socialisti di Eco (otto) con il già ministro Lorenzo Fioramonti, i sei centristi guidati dall'intramontabile Bruno Tabacci, la componente del centrodestra Noi con l'Italia che fa riferimento a Maurizio Lupi.

 

 

Poi c'è la sottocategoria, ossia 26 persone. Si tratta di eletti del Movimento 5 Stelle usciti o cacciati. Tutti con idee diverse: dalla No Vax Sara Cunial a Yana Ehm, molto vicina alle istanze della sinistra radicale; dal fervente dibattistiano Alessio Villarosa ad Alessandro Sorte, ex assessore lombardo di Forza Italia poi transitato in Ncd. "Faccio fatica a trovare certezze, i gruppi sono friabili come non mai", ammette lo stesso Pino Cabras, animatore dell'Alternativa c'è, a Repubblica.

 

 

La situazione non è più chiara a Palazzo Madama, dove il Misto ospita alcuni parlamentari del Pd, ma anche della sinistra di Leu, guidata da Loredana De Petris con cinque eletti. Poi c'è Sinistra Italiana che a differenza della Camera è staccata da Leu ne ha altri tre provenienti dal M5S; Cambiamo di Giovanni Toti che gravita a destra e che ha sette iscritti al sottogruppo; c'è pure Italexit di Gianluigi Paragone (con altri due senatori, Mario Giarrusso e Carlo Martelli) e finanche Potere al Popolo con Matteo Mantero, anche lui ex 5 Stelle. Quindici invece non fanno parte di alcuna componente o affiliazione politica. Eppure qualcosa che accomuna tutte queste personalità c'è: il timore di finire prima la legislatura e di non essere rieletti al prossimo giro.

 

 

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