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Pd, la strategia per ostacolare il centrodestra? Paralizzare le Camere

Pietro De Leo
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Come se non bastassero i tanti paradossi emersi in questa legislatura, ve n'è uno in chiusura, ovvero che non è stato approvato il nuovo regolamento dei lavori della Camera. La cosa è rilevante perché, come noto, nella prossima legislatura i componenti di Montecitorio passeranno da 630 a 400 e dunque anche il meccanismo di funzionamento del ramo parlamentare doveva essere adeguato al taglio. La riduzione, detto per inciso, è stata sancita da un referendum oramai due anni fa ma questo lasso di tempo è andato a vuoto e l'obiettivo non è neanche stato raggiunto in extremis. Se ne parlerà con il prossimo Parlamento. Intanto, però, nel novero del confronto politico è possibile capire come siano andate le cose.

 

Da Forza Italia, il vicecapogruppo Simone Baldelli su twitter tuona: «se il centrodestra col suo veto avesse fatto saltare la riforma del Regolamento di Montecitorio, ora avremmo tutto il centrosinistra a spiegarci su giornali e tv che il centrodestra è un pericolo perla democrazia. Poiché a farlo è stato il Pd, abbiamo il diritto-dovere di raccontare a tutti la verità». Ed è stato sempre Baldelli, l'altroieri, a spiegare in un post social la dinamica dell'accaduto: «Sette giorni fa, per un inspiegabile veto del PD, che si è rimangiato un assenso dato pochi minuti prima, è saltata la proposta di legge condivisa da tutti i gruppi per ridurre i componenti delle commissioni bicamerali. Oggi, sempre grazie al veto del PD, è saltata la possibilità di portare in Aula e approvare la riforma, neppure quella minimale, del regolamento, che avrebbe almeno adeguato i numeri assoluti e, ad esempio, permesso più agevolmente la costituzione dei gruppi a inizio legislatura». E ancora: «Ho manifestato tutta la mia amarezza per quanto accaduto, anche perché mi sono speso fino alla fine per farle approvare entrambe. Il PD, col suo veto, ha scelto di impedirlo, e ne porterà sulle spalle la responsabilità, a partire dai problemi di funzionamento che la Camera dovrà affrontare all'avvio della prossima legislatura». Infine, osserva: «Non so se questi veti siano frutto di una volontà di boicottare proprio l'avvio della prossima legislatura, ma sono di certo frutto della cattiva abitudine a voler imporre una concezione proprietaria e non di servizio delle istituzioni».

 

 


Parole molto simili a quelle del Movimento 5 Stelle: «Non avremo il nuovo regolamento della Camera in questa legislatura: abbiamo dovuto prendere atto che da parte del Pd e Italia Viva non c'è alcuna volontà di approvare le disposizioni prima delle prossime elezioni. Una scelta che non comprendiamo», hanno osservato Valentina Palmisano e Eugenio Saitta, componenti pentastellati della Giunta per il Regolamento di Montecitorio. Aggiungendo che «Il Movimento fin da subito si è reso disponibile a ogni mediazione con lo scopo di mettere in sicurezza il Parlamento prima della prossima legislatura. Abbiamo lavorato sempre in maniera propositiva perchè ritenevamo che ci potessero essere gli spazi per un aggiustamento tecnico della bozza e per arrivare a un testo condiviso ma il Pd e Italia Viva hanno fatto muro». Quali saranno, ora, gli effetti di questo ritardo? Per esempio il numero minimo per costituire i gruppi sarà ancora calibrato sulla composizione della Camera a 630, dunque non più in vigore. E ci saranno problemi sulla formazione delle commissioni. Che il Pd abbia scientemente scelto di mettere una zavorra all'avvio della prossima legislatura, con tutti i problemi sociali che impongono istituzioni pienamente funzionanti? Dubbio difficile da sciogliere, ma la certezza è che, ancora una volta, i dem perdono per strada la coccarda di paladini delle istituzioni che da sempre hanno la pretesa di rivendicare. 

 

 

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