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Giorgia Meloni, piccole donne contro: dovrebbero brindare ma fanno barricate

Giornata dell'aborto libero a Milano

Francesco Specchia
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Quando si dice il tuono dell’eterno femminino.

«Ma buonaseeeera di lotta, mie meraviglie!». Milano, Giornata mondiale per l’aborto libero e sicuro (e senza Giorgia Meloni); sul lato sinistro del Pirellone simbolo di un governo “iniquo e maschilista”, ecco che si fa strada una scintillante leader, men che ventenne, del gruppo femminista Non una di meno, gli organizzatori. La ragazza arriva in bici griffata e pashmina viola, inala una Gaulois elettronica; e sbaciucchia le altre piccole compagne che si pittano tra loro di viola il volto avvolgendosi in un bandierone.

 

TUTTE SUL CARRO Sono tutte pronte a saltare su un carro guidati da cavalier serventi patibolari usciti da un album dei Sex Pistols. Protestano tutti con allegro zelo. Il carro, coloratissimo, elevando al cielo un pupazzo life size della presidente di FdI, taglierà la Ztl milanese (Repubblica, Solferino piazza Venticinque aprile: la via Crucis dei radical chic). Ignorando, naturalmente, le periferie.

Sul lato destro del palazzaccio, ecco invece le anziane compagne che ancora ci credono: l’aria da prof di greco che hanno fatto Woodstock, veraci di ricrescita pilifera, tutt’intente nel distribuire volantini romanticamente marxisti: «Speranze umane, disastri politici». «Prego, si legga il nostro giornale La Comune contro tutte le destre. Specie contro la Meloni che ci vuol togliere il diritto per cui abbiamo tanto combattuto…», mi fa la più attiva fra loro, col pugno faticosamente chiuso di mille battaglie.

 Sorrido. Fotografia plastica.  Sono queste le due opposte generazioni di suffragette che spiccano nella prima grande mobilitazione di piazza dopo la vittoria della Destra. 

Ma non sfilano solo a Milano. S’incolonnano a Palermo. S’intruppano all’Esquilino a Roma benedette da Monica Cirinnà. Percorrono le vie d’Italia, le femministe, in quadrata falange, con le canzoni di Elodie e Giorgia (l’altra) in sottofondo. E sbandierano, nella Giornata «per l’aborto libero e sicuro» anche la ripulsa -se non l’odio- per la Meloni che «vuole smantellare la 194». Anche se non è vero; e questo Giorgia (la nostra) l’ha fatto sapere in tre lingue diverse. Eppure, qua, non contano i fatti; conta il riverbero nostalgico d’una sinistra che stranamente ignora l’ascesa inedita di una donna a Palazzo Chigi. Un sinistra esausta, che si riflette nello sguardo di vecchi compagni in passamontagna e bicicletta, di badanti sudamericani, di attempate valkirie autodefinitesi “Revolutionary Women of Afghanistan”. Osservo due fidanzati vestiti come Fratojanni e signora, i quali promettono di accompagnarsi alla prossima manifestazione.

 

 Sorrido ancora. Poi però, ascoltando i loro discorsi, i rumori di fondo dell’ideologia, smetto di sorridere. Perché l’idea che alberga nei cuori di questa gente  è un futuro distopico tipo quello del Racconto dell’ancella di Margaret Atwood in cui le donne perdano i diritti; e in cui una sola donna, Frau Giorgia, in divisa della Wermacht, stia seduta davanti al fuoco del dissenso, ascolti Wagner, e si lasci prendere da un’irrefrenabile voglia di invadere la Polonia

Per esempio, per Jennifer Guerra, classe ’95, così giovane e già così comunista, Meloni sarà «una premier vicina ai movimenti antigender che non farà una politica in favore delle donne, identificate unicamente con il ruolo di cura». Per Antonella Veltri, presidente della rete Dire dei centri antiviolenza, Meloni è: « l’arretramento dei diritti delle donne. Il suo partito è quello che esprime vicinanza con i partiti europei che hanno attuato politiche contro le donne». Per Monica Guerritore, urge «vigilare che tutti i diritti acquisiti, da quelli sociali a quelli civili, non vengano messi in discussione. Il tutto mentre cantanti, artiste, intellettuali, di Meloni si augurano, banalmente, la cancellazione dalla faccia della Terra. 

DESTRA A PRESCINDERE In coda a queste donne che odiano le donne (anzi, la donna) sfila via Instagram un’influencer dal neurone incerto che arriva ad augurarsi di «togliere il voto ai vecchi» perché, tra un catetere e una dentiera, hanno votato Fratelli d’Italia. 

Issando l’aborto a bandiera, le signore scendono in piazza contro la Destra non perché si siano informate come la destra la pensi in proposito, ma perché la destra è destra a prescindere. Hanno ricevuto perfino il supporto dalla Germania della femminista dei Verdi, Alexandra Geese, una che si batte per l’accesso ai ruoli di comando delle donne. Insomma, va bene la tutela di tutti gli esseri di sesso femminile dalla Bonino alla Circe della Versilia, dalla Boldrini (presente a Roma) a Lady Macbeth. Tutte tranne la Meloni. Gridano all’unisono: «Non giudichiamo la premier Meloni come una vittoria delle donne, il suo curriculum politico parla chiaro, questa è l’ennesima beffa in un paese che odia le donne e non ne garantisce autodeterminazione e autonomia». L’ennesima beffa. Freud ha lasciato  tracce...

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