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Meloni, il piano della sinistra: con chi la vogliono commissariare

Pietro Senaldi
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«Governo tecnico? Leggo cose surreali, temo voi facciate confusione». Così ha parlato Giorgia Meloni per tagliare le gambe alle polemiche che fioccano sul suo eventuale governo, prima ancora che Mattarella la incarichi. Succedono in effetti cose singolari sui giornali che fino a domenica 25 settembre parlavano della vittoria di Fratelli d'Italia come dell'anticamera del ritorno al fascismo e ora elogiano lo stile di Giorgia, silente, operosa, responsabile, molto attenta a garantire la continuità con il premier uscente, Draghi. Più che surreali però, sarebbe corretto definire questi avvenimenti come scientemente mirati a cambiare la realtà.

Facciamo un passo indietro. Il Pd e i suoi corifei mediatici, che dettano temi e ritmi del dibattito pubblico, sono ancora sotto choc per la consapevolezza di dover dire addio al potere dopo tanti anni. 

 

 

Poiché il centrodestra è più unito di quanto appaia, la voglia di governare da protagonisti dei suoi esponenti è tanta e i numeri della sua maggioranza sono piuttosto larghi, nel breve non c'è modo per i progressisti di organizzare il consueto travaso di parlamentari da destra a sinistra che renda possibile l'ennesimo ribaltone. Ecco allora che si avanza un piano "B": enfatizzare le oggettive difficoltà nelle quali si trova il Paese per spingere verso un governo che sia il più possibile infarcito di tecnici, i quali garantiscano alla sinistra di continuare in qualche modo a governare, ancorché per interposta persona e con una premier di destra.

L'operazione ha tre obiettivi. Il primo è far dimenticare all'opinione pubblica che a portare l'Italia in questa situazione di pre-fallimento è stato l'uno-due di un governo giallorosso seguito da un governo tecnico, dove il Pd era l'unico partito ad avere voce in capitolo. Il secondo è creare maretta nel centrodestra. Quello principale è condizionare la Meloni, prima nella formazione del governo, poi nella sua conduzione. Nulla accade per caso, né gratis et amore dei. L'encomio della ex ragazza di Azione Giovani può continuare, ma al prezzo di non contrariare il milieu della sinistra, la gente che non piace più e forse non è mai piaciuta, per intendersi. Altrimenti, la narrazione può cambiare in un attimo; i messaggi in codice si sono già intravisti nelle pieghe delle analisi degli editorialisti più titolati, i quali, quando non hanno riscontri ai propri desiderata, subito si chiedono a quale titolo Giorgia intavoli pre-consultazioni senza ancora essere stata incaricata da Mattarella.

 

 

Quel che è chiaro a noi, è evidente alla Meloni fin dal 26 settembre. Non a caso la leader di Fdi si è chiusa nel riserbo riguardo ai suoi pensieri e colloqui su quello che sarebbe il primo governo guidato da una donna, per di più di destra. Le direttrici però sembrano inevitabili. Scopo della leader è fare un governo che duri e combini qualcosa, con la seconda condizione necessariamente subordinata alla prima. Per durare, poiché i tecnici non si sono presentati alle elezioni, la presidente di Fdi non potrà prescindere da una serie di ministri politici proposti e concordati con i suoi alleati, Lega e Forza Italia, partiti storici che non intendono stare al governo solo per fare da specchio riflettente la luce dire Giorgia.

Poi certo, una componente di tecnici, specie nelle materie economiche, sarà utile per ottenere il via libera da Mattarella e proseguire il rapporto di collaborazione con Draghi, che difficilmente dal prossimo mese andrà al parco a portare i nipotini. Ma il troppo stroppia e la leader di Fdi non farà l'errore del suo predecessore, che inserì ministri, anche politici, non graditi ai partiti che ne sostenevano la maggioranza. Tanto, per quanti tecnici la premier in pectore infilerà nel suo esecutivo, non saranno mai abbastanza per la sinistra, pronta a ritirarle, alla prima occasione in cui sarà scontentata, il patentino di democraticità che le ha concesso pelosamente e senza averne titolo. 

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