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Draghi, la gola profonda rivela: "Il giorno che ha segnato la sua fine"

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Lucia Annunziata, nel suo ultimo libro, L'inquilino, racconta la mancata elezione di Mario Draghi al Quirinale e la caduta del governo. In questo estratto dell'ultimo capitolo pubblicato su La Stampa a parlare è qualcuno che fa parte del gruppo di uomini che l’allora presidente del Consiglio si era portato a Palazzo Chigi. 

"Elisabetta Belloni al Dis è stata una delle migliori scelte del governo Draghi: Elisabetta sarà la grande riformatrice e modernizzatrice dei Servizi e risolverà uno dei nodi più complessi del sistema-Paese. Se fosse rimasta alla Farnesina, avrebbe forse dato meno pretesti ai suoi avversari per non volerla al Quirinale, ma comunque non sarebbe bastato, e al Colle lei non sarebbe ascesa: l’odio che alcuni hanno verso di lei precede il suo arrivo al Dis. Noi l’accettavamo volentieri, eh. Ma era una candidatura fragile. Forza Italia non la voleva". Il suo nome, prosegue la gola profonda "viene fuori sull’asse Salvini-Conte, più Conte che Salvini. Essendo questo l’ennesimo paradosso di questo personaggio incredibile. Perché quando noi togliamo Vecchione e mettiamo la Belloni, io mi ricordo le urla di Conte al telefono. Le urla".  E ancora: "La roba di Elisabetta è subito fragile. Poi Renzi come al solito… Renzi avrebbe voluto eleggere Casini, lui era straconvinto di eleggere Casini".

 

 

"Sabato mattina fanno le riunioni per eleggerlo, quando Draghi e Mattarella si sono già parlati. C’è un momento che è divertente. Draghi torna qui sabato mattina e chiama i leader per dirgli che bisogna salvare la maggioranza, il Paese, e bisogna votare Mattarella. Nel frattempo Renzi faceva le riunioni con Franceschini per votare Casini. Sono due esplorazioni simultanee. Volevano votare Casini la mattina, portava 200 voti, e lanciarlo in quella del pomeriggio. A quel punto tutto un pezzo di
destra disordinata dice: 'Noi mettiamo Draghi', così fra Draghi e Casini alla fine vince Draghi. Pero Draghi aveva già capito. Di quella settimana complicata, in cui noi usciamo sconfitti, la coda la gestiamo però molto bene. Perché non cadiamo nell’illusione di poter rientrare in gioco e gestiamo un’uscita ordinata, che è quella che ci consente di rimanere qua".

Insomma, martedì Draghi era ancora in ballo, mercoledì capisce che è finita. "Tra martedì e mercoledì. Già martedì sera era come se già lo sapessimo. Perché dopo due giorni Salvini non dice nulla. Mercoledì è chiaro che questa roba non sta più in piedi. Due giorni da incubo. Perché incubo? Perché vediamo che c’è un
tentativo di distruggere Draghi, cioè di fare una cosa contro Draghi. Quindi iniziano due giorni pesanti da mercoledì pomeriggio".

 


 

 

"Alcune cose non le avevamo viste. Primo, l’asse Salvini-Conte, che sapevamo esistere ma non sapevamo che fosse uno degli assi prevalenti. Questo è uno. Secondo, il
comitato Casini. Il comitato Casini è stato affascinante, devo dire, perché è stato l’unico barlume di politica di questa settimana. Casini era il vero attacco a Draghi. E sono stati bravissimi. Mentre in Parlamento non è mai stato così forte, Casini a un certo punto è cresciuto moltissimo sui giornali, in televisione. Alla fine poteva spuntarla, e sarebbe stata una cosa contro Draghi. Quello era lo sfondamento, il commissariamento di Draghi. Era la vecchia politica, la Prima Repubblica. Insomma, tra mercoledì pomeriggio e venerdì mattina c’è il timore di prendere una sberla…". E Draghi è di "cattivo" umore. Invece l'uscita è cominciata "venerdì, venerdì pomeriggio", "si era capito che ci si poteva salvare. Lui è stato bravo perché non ha ceduto alla tentazione di  rientrare in gioco, perché non sarebbe rientrato in gioco".

"Parlavamo tantissimo. Quello è stato il punto di svolta in cui ci siamo trovati. Poi vediamo se andremo avanti in questo governo bizzarro. Pero quello è stato il momento della svolta. Ci siamo sentiti tutti i giorni". Game over.  

"Il presidente non vuole essere logorato e non vuole intestarsi una sconfitta sul Pnrr. Io sono manifestamente pessimista perché mi pare che questi signori… i gruppi dirigenti dei partiti sono convinti che quale che sia lo sviluppo della situazione, si salveranno. È la pulsione di morte freudiana, proprio quella al di là del principio di piacere, che li anima fortissimo. L’istinto. Cioè a loro non gliene frega niente del Pnrr. Loro non sopportano di non poter gestire il potere. Loro sono stati estromessi quest’anno dalla gestione del potere. L’idea di non toccare palla su Fincantieri, Invitalia, Snam ecc.".
 

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