L'anniversario

Pierluigi Battista fa impazzire la sinistra: "Non sputo su mio padre"

Alberto Busacca

È una questione politica. Ma è anche una questione di famiglia. Forse non è un caso che a ricordare pubblicamente la nascita del Msi, con tutte le polemiche conseguenti, siano stati proprio Ignazio La Russa e Isabella Rauti. Perché per loro, appunto, è anche una questione familiare, visto il ruolo che i loro padri hanno avuto nel Movimento sociale. E forse è naturale che nel momento in cui si sono ritrovati a ricoprire posti così importanti (presidente del Senato La Russa e sottosegretaria al ministero della Difesa la Rauti), un pensiero sia andato anche ai loro genitori, che, da esponenti della Fiamma, certe cariche non potevano neanche sognarsele.

«Oggi», ha scritto la Rauti su Twitter postando anche due foto del papà, «voglio ricordare il 26 dicembre di 76 anni fa quando, a Roma, nasceva il Movimento sociale italiano. Onore ai fondatori ed ai militanti missini». E La Russa, su Instagram: «Nel ricordo di mio padre, che fu tra i fondatori del Movimento sociale in Sicilia e che scelse il Msi per tutta la vita, la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana». Parole semplici. Toni pacati. Eppure...

 

 

 

IRONIA AMARA

Eppure, a sinistra, la vedono in modo molto più semplice: il Msi, quando si arriva ai vertici delle istituzioni, deve essere rinnegato, calpestato e maledetto. Anche se questo, per qualcuno, vorrebbe dire rinnegare, calpestare e maledire anche il proprio padre e la propria storia. Una richiesta naturalmente irricevibile. Tanto che alcune (autorevoli) critiche sono arrivate anche da chi non è certamente né missino né di destra. Come Pierluigi Battista, che un papà fascista lo ha avuto, pur non condividendone le idee, e al loro rapporto ha anche dedicato un libro (Mio padre era fascista, Mondadori). Ecco, ieri, sull'argomento, il giornalista-scrittore ha fatto un tweet amaro e ironico: «Indignato per le parole di La Russa. Corro a sputare sulla tomba di mio padre, che era missino». Il problema è proprio questo, la continua richiesta di abiure della sinistra, abiure politiche ma anche umane.

E nessuna abiura, alla fine, è comunque sufficiente... «Salutare la nascita del Movimento sociale non è un reato. Basta», si sfoga poi con Libero Battista. «Mio padre è stato fascista, è entrato nella Repubblica sociale a 21 anni e dopo è diventato missino, mentre altri che erano fascisti come lui sono diventati campioni dell'antifascismo. Il Movimento sociale era un partito che raccoglieva tanti "esuli in Patria", ha dato rappresentanza a un pezzo dell'Italia. Nella Rsi c'erano 500mila persone, in molti casi giovanissimi. Io ho fatto la guerra a mio padre, ma non si può amputare un pezzo della storia italiana». Insomma, La Russa non ha sbagliato: «Perché non deve ricordare la nascita del Msi? Ma che ha fatto il Movimento sociale di antidemocratico? Di quello che che dice La Russa non condivido nulla, ma gli riconosco il diritto di raccontare la sua storia...». E ancora: «Sono stufo di certe cose, e lo dico da antifascista, anzi, da democratico e antitotalitario: il fascismo e il comunismo sono i miei nemici».

 

 

 

I FUNERALI DI BERLINGUER

Battista, però, nota un peggioramento negli ultimi anni. Una «recrudescenza di intolleranza culturale» della sinistra. «Oggi», confida, «quel libro su mio padre non potrei più scriverlo. Non è una questione storica ma "demonologica". La sinistra vuole l'autocritica in stile staliniano». Il problema, quindi, è anche dell'antifascismo. O, meglio, di quello che l'antifascismo è diventato: «L'Anpi ormai non esiste più, è una sigla usurpata da qualche giovanotto che si fregia del titolo di partigiano abusivamente. Perché questa polemica su La Russa adesso? Certe cose succedono quando la destra è forte. Come è accaduto per il 25 aprile: era in crisi, ma quando è arrivato Berlusconi le piazze si sono riempite di nuovo. Questo però è un uso strumentale dell'antifascismo. E agli italiani non interessa più...». Già, sono cose che non interessano perché, alla fine, al pericolo fascista non ci crede nessuno. E la destra, col suo passato, i conti li ha già fatti: «Le tesi di Fiuggisono molto più radicali di quelle della Bolognina. Fini è andato, giustamente, alle Fosse ardeatine. La Meloni ha pianto ricordando le leggirazziali. Cosa deve dire o fare di più? Certo, mi piacerebbe che dicesse che chi fa il saluto romano è fuori da Fdi, ma comunque nessuno mette in pericolo la democrazia». «Almirante», conclude Battista, «andò ai funerali di Berlinguer e Pajetta andò ai funerali di Almirante. Basta adesso. La guerra è finita».