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Speranza, torna il Covid? "Non gli resta che gufare": com'è ridotto

di Pietro Senaldi domenica 1 gennaio 2023

2' di lettura

Roberto Speranza è stato ministro della Salute per tre anni, quelli del Covid, e la sola decisione che ha preso è stata mettersi nelle mani di medici mediocri, subito precipitati nel panico per la consapevolezza della propria incompetenza, dal super consulente Ricciardi in giù. Così, mentre negli ospedali i nostri luminari combattevano il virus ignorando il protocollo di cura del governo, che benché sbagliato non è mutato per due anni - tachipirina e vigile attesa -, il ministro girava le tv in mascherina con l'aria da cipresso d'autunno, terrorizzando la popolazione e disorientandola con sillogismi privi di dignità scientifica ma anche di semplice logica; e talvolta consapevolmente menzogneri.

L'ansia di Speranza è che, ora che i cinesi sono tornati a esportare il virus, il centrodestra gestisca l'emergenza meglio di quanto ha fatto lui, che si vanta tanto ma, pur chiudendo più di tutti al mondo, dopo la Cina suo Paese di riferimento - l'ex ministro è un comunista doc, per di più dalemiano-, ha avuto uno trai più alti numeri di morti rispetto alla popolazione. Draghi lo avrebbe cambiato appena insediatosi, ma il pupillo del compagno convertitosi all'affarismo è stato salvato da Mattarella, un tempo suo sodale di partito, che gli ha fatto da scudo. L'Italia è il solo Paese ad aver cambiato sia il premier sia il commissario al Covid, in piena pandemia, per manifesta incapacità: giubilare anche il titolare della Salute avrebbe significato dichiarare ufficialmente il fallimento totale del governo giallorosso, specie nella componente piddina e affini.

Da che il ministro Orazio Schillaci lo ha sostituito, a Ripa Lungotevere si respira aria nuova, con i medici che si sono fatti le ossa sul campo improvvisamente ascoltati più dei burocrati. È come se qualcuno avesse aperto la finestra dopo mille giorni. Speranza lo sa e rosica. Da vedovo del Covid, non gli resta che gufare, per dimostrare che ha sempre avuto ragione lui, benché oggi tutti lo ricordino come un incubo. Lo dimostra la dichiarazione resa alla notizia che in Italia sono sbarcati cinesi infetti. L'ex ministro non ha trattenuto la frustrazione e l'ha sparata grossa. Ha definito il tracciamento di chi arriva dall'Oriente «la prova del fallimento del governo Meloni», quando invece ne testimonia il successo, visto che l'obbligo di tampone in aeroporto ci è stato subito copiato da Usa, Francia e Spagna.

L'unica spiegazione è che il menagramo rosso non si sia ancora ripreso dallo choc del libro autocelebrativo che scrisse nell'estate del 2022. Si intitolava Perché guariremo e sono seguiti 130mila morti. Ma il 2022 è anche l'anno del definitivo sgretolamento della creatura politica dell'ex ministro, ovverosia Articolo 1, formazione che si staccò dal Pd di Renzi perché considerava l'ex premier cinico e senza scrupoli e che vanta tra i propri campioni anche l'ineffabile Panzeri, il qatarino che fa la spola tra Bruxelles e l'Adda. Il partito, se così si può chiamare, non è ancora formalmente defunto, ma Speranza per farsi eleggere ha dovuto farsi candidare nelle liste del Pd, nel quale rientrerà a breve.

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