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Elly Schlein anticomunista? Provate a chiederlo a lei

Pietro Senaldi
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In occasione del 25 aprile Giorgia Meloni ha scritto una lettera pubblica in cui ha dichiarato che il fascismo ha soppresso i valori democratici e che la Resistenza, di tutti e non solo dei partigiani comunisti, li ha restituiti all’Italia e ha contribuito a scolpirli nella Costituzione. Ha detto che questo è il frutto principale della ricorrenza festeggiata ieri e ha anche aggiunto che, da molti anni, i partiti della destra hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo.

 

 

 


Le dichiarazioni del premier sono state applaudite da Calenda e Conte ma non sono bastate agli esponenti del Pd. Muta sul vergognoso spettacolo offerto da una parte della piazza rossa, che ha esposto immagini dei ministri a testa in giù, aggredito chi sfilava con le bandiere della Nato e rispolverato il vergognoso coro «uccidere un fascista non è reato», la sinistra targata dem ha accusato la Meloni di reticenze nella condanna del Ventennio. Ha dato così ragione alla parte della lettera in cui la leader di Fdi rimprovera ai progressisti di usare la data del 25 aprile e tutto quello che essa rappresenta come occasione di divisione anziché come elemento di unità nazionale.
Quello che non va giù alla sinistra è che la Meloni non si butti in ginocchio al centro del Parlamento battendosi il petto e dichiarandosi fieramente antifascista. Il Pd non chiede una condanna distaccata del regime da parte del premier, che è già avvenuta più volte, ma un atto di contrizione, come se Fdi fosse direttamente responsabile dei crimini fascisti. È quello che la Meloni non potrà mai fare, perché la sinistra un secondo dopo alzerebbe ulteriormente i toni, la aggredirebbe e sosterrebbe che le sue parole sono un’ammissione di colpevolezza; colpevolezza che la leader rifiuta, non essendoci.

 

 

 


Il Pd è ancora talmente in lutto per la perdita del potere da non riuscire ad accettare che il capo del governo non pronunci le parole che l’opposizione gli detta e da processarlo perché non si sottomette ai suoi voleri. I signori che ieri sfilavano in piazza, atteggiandosi a sacerdoti della Costituzione e cercando di convincere gli altri italiani che se vivono in una nazione democratica lo devono solo a loro, usano l’antifascismo come una coperta per coprire affari loro e interessi di parte. L’antifascismo è uno slogan che garantisce copertura eterna ai loro errori strategici, alla loro miopia sociale e alla loro aggressività politica.

 

 

 


Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Nicola Zingaretti, Pier Luigi Bersani, Marco Furfaro, Roberto Speranza e tutti coloro che si sentono di dare lezioni di democrazia a questo governo hanno perso ieri l’ennesima buona occasione per dichiararsi anti-comunisti. È un passaggio mai fatto ma obbligato, visto che c’è molto più retaggio comunista nella nostra sinistra di quanto dna fascista alberghi nella nostra destra. Ma in Italia c’è stata la dittatura nera e non quella rossa, rispondono dal Pd solitamente per non rinnegare il loro passato che, almeno nel cuore, non passa mai. Argomentazione a vanvera e provinciale, specie per un partito che si dice europeista, visto che mezza Unione Europea è rimasta fino a trent’anni fa sotto il tacco del regime comunista sovietico che, come abbiamo avuto riprova con l’invasione dell’Ucraina, non è evoluto granché dai tempi di Stalin, che di fatto era il capo di Togliatti e che il leader del Pci considerava un padreterno.

 

ORRORI DIVERSI

La Meloni ha più volte attaccato Mussolini, ha criticato le leggi razziali, ha condannato il nazifascismo, di fatto accostando il regime di Roma a quello hitleriano, sebbene le responsabilità storiche e gli orrori siano diversi. Ora tocca ai comunisti, se si sentono davvero democratici, dire che le foibe sono state un crimine contro l’umanità, che Togliatti si è comportato più volte come un assassino, per esempio quando voleva regalare gli alpini prigionieri in Russia al suo sodale con i baffoni, perché li riteneva fascisti. E anche che l’attentato di via Rosella non è stata una pagina nobile ma un’azione che ha prodotto più danni che vantaggi, visto che un tribunale italiano ha considerato la rappresaglia nazista legittima, condannando Priebke solo per i cinque morti in più rispetto ai 330 che chi ha messo la bomba che ha fatto saltare in aria il plotone di riservisti altoatesini aveva messo in conto ci sarebbero stati.


Coraggio compagna Schlein, lei che ancora non è riuscita a dire che l’Ucraina è stata aggredita dal regime comunista russo e che è nostro dovere di europei e occidentali difenderla, perché teme che il partito le si spacchi sotto i piedi, si dichiari fieramente anticomunista. So che può sembrare una richiesta fuori dal tempo, ma le assicuro che, oggi e non nel 1945, in Italia ci sono molti più comunisti che fascisti. Anche in Parlamento. La nostra Costituzione non sarà anche anticomunista, oltre che antifascista, ma sarebbe ora che lo diventasse. La scelta è sempre la stessa: con gli Usa e l’Occidente, pur con tutti i loro difetti e le loro colpe, o con la Russia, la Cina, le dittature e il comunismo.

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