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Luttwak, la rivelazione: "Biden ha studiato Giorgia, Ecco cosa accadrà'"

Annalisa Chirico
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«Già da tempo Biden considera Meloni un’interlocutrice seria e credibile, per niente estremista, la diffidenza iniziale è svanita ben prima dell’incontro a Washington», dice così a Libero il politologo Edward Luttwak, secondo il quale la visita alla Casa Bianca va vista come «l’esito di un processo graduale di accreditamento e conoscenza reciproca. È la prassi, avviene con tutti i capi di governo. Biden non ha mai pensato che Meloni fosse una fascista, nonostante la cattiva propaganda di certi giornali anche italiani. La stampa d’élite, essendo di sinistra, demonizza la destra in quanto tale, costruisce il mostro, ma Biden non è un novellino, si occupa di politica estera da mezzo secolo e sa distinguere la propaganda dalla realtà».

 

 

 

Secondo lei, Meloni com’è riuscita a rompere questa falsa narrazione di sé? L’impegno in Ucraina e nient’altro?
«Innanzitutto, la Casa bianca ha condotto un lavoro preparatorio, raccolta di informazioni, osservazione dell’operato sul campo. L’opinione emersa è stata unanime: Meloni è una persona solida, viene dalla destra ma non ha nessun piano autoritario, è una donna pragmatica, in grado di guidare una maggioranza di governo per almeno dieci anni».

Tra elezioni anticipate in Spagna, crisi di consenso in Francia e incertezza tedesca, il governo italiano appare come il campione della stabilità in Europa.
«Solo un governo stabile può realizzare le riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno, a partire dalla giustizia civile e penale. La stabilità è un parametro rilevante anche per gli investitori. L’incontro a Washington è la conferma che l’Italia è un interlocutore credibile, per la Casa Bianca la stabilità e la durata di questo esecutivo rafforzano il valore strategico dell’Italia nel Mediterraneo e in Europa».

Dall’Italia gli Usa si aspettano un maggiore impegno sul fronte ucraino o su quello cinese?
«È una buona domanda. Partirei dall’Ucraina: il Regno Unito, da solo, ha fornito supporto militare superiore a quello di Francia, Germania e Italia messi insieme. Questa è una big issue. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha il dono della schiettezza: non illude con le parole, non lancia false promesse. Crosetto ha detto che l’Italia non riuscirà, nel breve periodo, ad onorare l’impegno di portare la spesa militare al 2% del Pil. Per gli americani un’Europa militarmente sguarnita, che non s’impegna a sufficienza sullo scacchiere ucraino, è un problema».

Le esercitazioni navali congiunte italo-giapponesi, nel Pacifico, sono il segnale di un impegno concreto?
«Sono la conferma della collocazione internazionale dell’Italia, al fianco degli Usa e nella Nato. Nel Pacifico i francesi hanno inviato navi e sottomarini, gli inglesi una portaerei, se persino gli olandesi mandano dei mezzi è chiaro che anche l’Italia può farlo. Non dimentichiamo che l’avversario strategico degli Usa è la Cina, non la Russia. Xi Jinping si comporta da piccolo dittatore, con un grado crescente di bellicosità come dimostrano le continue provocazioni intorno a Taiwan. Gli Usa hanno bisogno di sapere che l’Europa c’è e potrebbe, in prospettiva, giocare un ruolo sempre più autonomo, anche sul piano militare, nel contesto ucraino».

Il premier Meloni ha evidenziato che l’Italia, pur essendo l’unico Paese G7 ad aver sottoscritto il Memorandum per la Via della seta, non presenta i dati migliori di interscambio commerciale con Pechino.

«Solo un bambino può pensare che i cinesi decidano gli affari in base agli accordi firmati dalla diplomazia. La Cina compra solo ed esclusivamente per ragioni commerciali. Non a caso Pechino tiene rapporti commerciali strettissimi con Washington con cui litiga quotidianamente. Quell’accordo, suggerisco a Meloni, non va bruciato sulla pubblica piazza ma semplicemente chiuso in un cassetto e dimenticato».

 

 

 

A firmare il Memorandum fu Giuseppe Conte.

«È un’eredità di Conte cui neppure il governo Draghi ha posto rimedio. I 5Stelle hanno condotto la politica estera con un misto di provincialismo e ingenuità. Nessun altro Paese europeo ha firmato quell’accordo, neppure il Liechtenstein. Ci sono state azioni mira te, direi “persuasive”, verso sin goli politici di allora. Non aggiungo altro, è il segreto di Pulcinella».

La stampa Usa, soprattutto di matrice liberal, cambierà idea su Meloni?

«In America, come in Italia, la stampa d’élite non è mainstream, non sta in mezzo alla corrente, ma sta faziosamente a sinistra. Il loro mestiere è sta re a sinistra, non per difendere gli operai contro i capitalisti, ma semplicemente per demonizzare la destra. A questa sinistra degli operai interessa poco, la loro unica ossessione sono i diritti Lgbt, i bagni per il terzo e quarto sesso, le frontiere aperte e altre cose così. Testate come il New York Times e il Washington Post non appaiono più autorevoli perché sono sfacciatamente di parte».

Donald Trump sarà il prossimo candidato repubblicano alla Casa Bianca?

Potrebbe accadere. Non ha competitor forti, neanche Ron DeSantis è riuscito a crescere nei consensi. Trump mantiene una straordinaria capacità di raccogliere voti. Al suo posto, rivolgerei un ringraziamento speciale ai procuratori che lo stanno indagando. Diciassette inchieste, per cavilli giuridici e faccende minori, sono un clamoroso boomerang per i suoi accusatori. Da vittima di una giustizia politicizzata, Trump è più forte di prima». 

 

 

 

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