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Toscana, il metodo-Pd: 200 milioni di tasse per evitare il crac

Fabio Rubini
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In Toscana i conti della Sanità pubblica- una di quelle portate a modello d’efficienza durante il Covid piangono e per ripianarli il governatore Giani ha scelto la strada dell’aumento delle tasse per i cittadini. Una stangata da 200 milioni che coprirà solo in parte un buco stimato in circa 400 milioni. Ma come si è arrivati a questo punto? Il debito della Sanità toscana è strutturale e risale almeno al 2014, quando vennero scoperchiati i conti non proprio specchiati delle Asl toscane, tra bilanci mancanti e spese pazze con gli acquisti di Rolex e abiti di lusso. D’attualità è la questione legata al payback, un complesso meccanismo approvato dal governo Renzi che prevede la compartecipazione alle spese sanitarie regionali da parte delle aziende produttrici di macchinari sanitari. Su questo punto da tempo si è aperta una diatriba tra le aziende e alcune regioni, con le prime che sostengono di non avere debiti con nessuno. Per questo in molte regioni quei crediti sono stati ascritti a bilancio come “inesigibili”. Ma non in Toscana che invece ha continuato a conteggiare quei soldi - circa 200 milioni in due anni - come crediti pronti ad essere riscossi. La vicenda è finita al Tar del Lazio che l’ha rinviata alla Corte Costituzionale.

In questo limbo il governo Meloni ha deciso di non rifondere le regioni che non si sono tutelate (il Veneto non le ha ascritte a bilancio, mentre la Lombardia ha accantonato una riserva pari ai crediti, giusto per evitare problemi). La Toscana invece ha scelto un’altra strada e ora a pagare per quella decisione poco felice saranno i cittadini che si sono visti aumentare al massimo la tariffa dell’Irpef per tutti i redditi sopra i 28mila euro lordi. Una stangata che potrebbe costare caro anche politicamente a Giani. In fase di voto, infatti, gli esponenti di Italia Viva hanno preferito astenersi. Un vero e proprio strappo politico (Giani ha già chiesto una verifica di maggioranza) che segue a quello degli esponenti della sinistra estrema che già avevano abbandonato la maggioranza che, senza renziani, si reggerebbe su un solo voto.

 

 

Come detto il governatore ha scaricato tutte le colpe di questa decisione al governo Meloni e dopo aver esultato per aver «salvaguardato il sistema di sanità pubblica della nostra Toscana», definendolo «uno dei migliori se non il migliore», ha anche spiegato che con l’aumento delle tasse si avrà la «garanzia di non cedere alle sirene di chi vorrebbe smantellarlo per consegnarlo al privato». Non la pensano così le opposizioni di Centrodestra, a partire dall’europarlamentare leghista Susanna Ceccardi, che pesta duro e chiede il voto anticipato in Regione: «Il progetto di centrosinistra unito, con il quale Giani si era presentato alle elezioni regionali del 2020, non c’è più. È svanito col voto sulla legge di bilancio. Lui era il garante di questa unità che non c’è più. Per questo in Toscana è giunta l’ora di tornare al voto».

 

 

Anche perché, chiude Ceccardi «Non c’è più una visione, ma solo ulteriori tasse in arrivo per le famiglie toscane». Anche per Forza Italia il Pd toscano «è il partito delle tasse- spiega Marco Stella, capogruppo azzurro in Regione -. La Toscana è stata l’unica regione che di fronte al payback che non è arrivato, ha scelto di alzare le aliquote Irpef e tassare i cittadini». A rendere la situazione ancora più paradossale, arriva poi l’inchiesta di un giornale locale toscano, secondo cui il direttore della Sanità regionale si sarebbe aumentato lo stipendio di 20mila euro l’anno. La Cisl Toscana ha già lanciato l’allarme, rilevando come sarebbe paradossale che «lo stesso dirigente che ha bloccato le indennità di vacanza ai dipendenti della Sanità toscana» si sia invece aumentato lo stipendio.

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