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Matteo Renzi, nel mirino c'è Forza Italia: il vero piano dell'ex premier

Fausto Carioti
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Il 9 giugno, chi vorrà eleggere parlamentari nel parlamento di Strasburgo dovrà superare la soglia del 4%. L’accordo tra Italia viva e le altre sigle che lassù fanno capo alla famiglia liberal di Renew Europe al momento non c’è, e anche se ci sarà nulla è garantito, in un appuntamento elettorale che inevitabilmente finirà polarizzato dal duello Meloni-Schlein. Tutto questo per dire che Matteo Renzi è a caccia di voti ed è convinto di poterli pescare al centro, nel bacino di Forza Italia e zone limitrofe. Il riassunto dell’evento di tre giorni alla Stazione Leopolda è che l’unico in grado di impugnare il testimone politico del Cavaliere è lui, almeno a sentire Renzi medesimo. È quindi agli italiani moderati che parlerà da qui alle Europee, con la sua pubblicità comparativa: perché votare Tajani e il suo progetto se ci sono qui io con il mio?

Ha iniziato ieri, nell’intervento conclusivo dal palco: «Forza Italia e Antonio Tajani hanno snaturato la visione europeista che in Berlusconi c’era e che oggi è diventata una visione da grigi burocrati quale è Antonio Tajani e quale è Ursula von der Leyen». L’attuale presidente della commissione Ue, che il Partito popolare candida a guidare anche la prossima, sconta per Renzi una lunga serie di colpe gravi. Una, appunto, è che «è la candidata che hanno voluto Forza Italia e Tajani». Un’altra è che «strizza l’occhio a Orban e ai conservatori», ossia alla famiglia europea guidata da Giorgia Meloni. Innegabile che sia così: il buon rapporto tra le due prosegue, domenica saranno insieme al Cairo, per firmare col presidente Al-Sisi un accordo di “partenariato strategico” tra e Ue ed Egitto simile a quello già sottoscritto a luglio col tunisino Kaïs Saïed.

 

 

DI MAIO «IL TROMBATO»
Ancora: «È sul Green deal che vediamo il fallimento di Ursula von der Leyen, perché l’ideologia non funziona. La battaglia per la decarbonizzazione è sacrosanta, ma solo con l’ideologia si torna al carbone». Le riforme delle istituzioni di Bruxelles? «Non sono arrivate, non si è fatto nemmeno un passo in avanti». La difesa europea? Se ne parla e basta, «non è all’ordine del giorno». La politica estera?
«Von der Leyen è quella che, per gestire la crisi in Medio oriente, ha mandato Luigi Di Maio come special envoy in Terrasanta. Io non ho niente contro Di Maio, ma se consideri gli incarichi della diplomazia europea come un dopolavoro per i politici trombati in Italia, allora è finita». Insomma, una presidente da rottamare. Per questo, promette il leader di Italia viva, «se sarò eletto al parlamento Ue voterò perché lei non sia rieletta alla guida della Commissione. Serve una leader e non una follower delle ideologie».

A chi sinora ha votato per Forza Italia, Renzi propone «un centro alternativo al sovranismo della Meloni». L’obiettivo, ovviamente, è superare quel 4%. Nella stessa situazione ci sono Azione, Più Europa e i LibDem di Andrea Marcucci: tutte sigle che, come Italia Viva, fanno capo al gruppo parlamentare Renew Europe, costruito attorno ad Emmanuel Macron e al suo partito. Si presentassero insieme alle Europee, scavalcherebbero agevolmente la soglia di sbarramento. Carlo Calenda non ne vuole sapere, Renzi invece è disponibile: «Più Europa ha chiesto la lista unitaria, noi ci stiamo». È pronto anche a «fare un passo indietro», ossia a non candidarsi, ma se gli altri non ci stanno o pongono condizioni inaccettabili, avverte, «andremo da soli». È lo scenario più complicato per il suo partito, ma lui ostenta sicurezza: «Siamo convinti che ce la faremo. I sondaggi inglesi ci danno al 5%, quelli italiani al 3-4%. E se prendiamo il 4% io non sono contento, voglio il 5%».

 

 

CONQUISTATA LA PASCALE
Il resto è conseguenza del posizionamento scelto per attrarre quei voti. Renzi attacca il governo perché «l’aumento delle spese è scandaloso e abbiamo un aumento della tassazione indecente: sui pannolini, sul latte in polvere, sulla casa». Strizzando l’occhio a chi nel settembre del 2022 ha votato per la maggioranza, dice che «questo governo di “destra” ha solo il nome, perché una destra serie le tasse non le aumenta». La sua speranza è che la coalizione di governo esploda, e prova a buttarci dentro un po’ di zizzania: «Non so fino a quando Meloni sarà presidente del Consiglio, Salvini ci ha abituato a grandi emozioni».

E attacca pure il Partito democratico, nonostante la «simpatia» che giura di nutrire per Elly Schlein, «l’unica a mandarmi un messaggino per farmi gli auguri per la Leopolda». I ponti con il partito di cui è stato segretario li ha bruciati da un pezzo e il problema, dice, è la classe dirigente del Pd, condannata «a perdere per dieci anni, esattamente come è successo alla sinistra inglese, che vinceva con Tony Blair e poi ha sempre perso».

Tra tre mesi sapremo se la strategia avrà funzionato. Per il momento Renzi incassa la presenza e la sponsorizzazione di Francesca Pascale, che lui stesso ha invitato alla Leopolda. «Se sarà l’erede di Berlusconi lo dirà il tempo», commenta l’ex compagna del presidente azzurro, «ma credo che Matteo Renzi sia l’unico leader in campo e a portare avanti quel progetto fatto partire da Silvio Berlusconi». Renzi apprezza l’endorsement, resta da vedere se lo apprezzeranno anche gli elettori del Cavaliere.

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