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Pd, così i dem hanno usato la mafia per infangare la destra

Fabio Rubini
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«Giù le mani da Bari», scandisce il sindaco della città, Decaro, dal palco della manifestazione in sua difesa dopo le note polemiche su presunte infiltrazioni mafiose nel suo Comune. Le «mani» ovviamente sono quelle del governo di centrodestra, che per De Caro e il Pd, vogliono infangare l’intera città accostandola alla malavita.

Scrupoli umanamente comprensibili da parte di un sindaco che non solo non è coinvolto personalmente nel blitz che ha riguardato oltre cento persone (compreso una consigliera comunale di maggioranza), ma che altrettanto comprensibilmente ama la sua città e soffre a vederla accostata alla ’ndrangheta. Legittimo che anche il Partito democratico si schieri a favore del suo sindaco e della città che amministra.

Quello che stona è che il garantismo e il buonismo della sinistra non si manifesta mai quando il sindaco o il governatore infangato è di centrodestra. Di seguito proponiamo un breve campionario dei casi più clamorosi. Il più affine alla vicenda barese arriva dal Veneto. Report, su RaiTre, fa un’inchiesta sulla mafia nella regione. Il giorno dopo un consigliere regionale del Pd commenta così: «Il dato che vede il Veneto al quarto posto per segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio, è uno degli indicatori che evidenziano il fenomeno del radicamento mafioso nella nostra regione. Guai a minimizzare». Insomma in Veneto non si deve minimizzare - giustamente -, in Puglia, invece è il governo che strumentalizza...

Recentemente Elly Schlein, in visita in Sicilia, spiega: «La mafia è sommersa e riappare nelle numerose inchieste ancora in corso sui legami tra alcune amministrazioni locali, il consenso, la politica e gli affari». E i poveri siciliani? Chi li difende dalle illazioni della segretaria dem?

 

Se andiamo indietro nel tempo troviamo altri casi di doppia morale della sinistra. Ottobre 2015: in Lombardia scatta un blitz che porta agli arresti, tra gli altri, di Mario Mantovani, all’epoca vice presidente della Regione. Immediatamente scatta la gogna di Pd e Cinquestelle che si presentano in aula al Pirellone con manette finte e cartelli infamanti. Il Pd prepara una mozione di sfiducia per il governatore Roberto Maroni e organizza flash mob per collegare il governo di centrodestra alla malavita. All’epoca nessuno si preoccupò della reputazione della Lombardia e dei lombardi. Piccolo particolare: sette anni dopo quei fatti, Mantovani venne assolto in appello. Era innocente. Nessuno chiese scusa, né a Mantovani, né ai lombardi.

Un copione che si è tragicamente ripetuto durante il Covid. Protagonista assoluto l’allora eurodeputato Dem Pierfrancesco Majorino. La Lombardia fu “sputtanata” in mondo visione per ogni filone d’inchiesta che una procura apriva. Anche qui i danni alla reputazione vennero considerati accettabili. Finale felice: tutte quelle inchieste hanno portato a zero condanne, molte assoluzioni e nei casi più clamorosi non si andò nemmeno a processo. Restando in Lombardia che dire della vicenda di Legnano dove venne decapitata una giunta, ovviamente di centrodestra, con la sinistra lesta a imbastire una campagna elettorale sulla “legalità”. Anche qui il sindaco e gli altri indagati sono risultati assolti. Non avevano commesso reati, ma la gogna riservata ai legnanesi dalla sinistra non pare aver disturbato più di tanto il Pd.

 

Insomma, è evidente che dove fa comodo ai dem ci sono infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni, dove invece governa il Pd parlare dei rapporti tra mafia e amministrazioni è un attacco alla gente onesta...

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