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Giubileo commissariato, Roberto Gualtieri è in ritardo

Antonio Castro
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«Spes non confundit». La lettera «ai Romani (5.5) dell’apostolo Paolo di Tarso è stato riproposta da Papa Bergoglio come incipit della bolla papale di indizione del Giubileo 2025. Forse la speranza, nella turbolenta Città Eterna, rappresenta l’ultima risorsa perché l’anno giubilare possa trascorrere senza troppi intoppi. Oltre Tevere non è che siano troppo ottimisti. Anzi. La Cabina di regia “grandi eventi” di Palazzo Chigi -in stretta collaborazione con la segreteria di stato della Santa Sede - è già in allarme.

I ritardi nella realizzazione delle opere previste ormai viaggiano intorno al 70%. Appena il 25/27% dei cantieri giubilari sono aperti. Il rischio concreto è che finiranno solo quando l’Anno Santo sarà bello e concluso. Un paradosso che è riuscito a far perdere le staffe pure nei palazzi apostolici. Il Vaticano ha chiesto chiarimenti direttamente a Palazzo Chigi (citofonare ad Alfredo Mantovano, sottosegretario di “raccordo” per i rapporti con il mondo cattolico).

Dal Campidoglio giungono romanissime rassicurazioni (“famo tutto, tranquilli...”), ma conoscendo la tradizionale indolenza capitolina non è che ci si conti poi molto. Anzi. La voce che rimbalza tra Palazzo Chigi e la Segreteria di Stato vaticana è che - dopo la tornata elettorale europea di inizio giugno - il governo Meloni decida di affiancare all’ex ministro dell’Economia Pd un prefetto. Non un vero e proprio commissariamento- che scatenerebbe le furie delle opposizioni - ma un provvedimento emergenziale per superare i pasticci che sembrano affastellarsi. A metà giugno dovrebbe saltar fuori dal cilindro il nome di un prefetto di fiducia per «cercare di «recuperare il 70% di ritardo accumulato fin qui sull’andamento dei lavori capitolini per il Giubileo», ha anticipato l’agenzia di stampa Ageei.

 

Il paradosso è che stando alle tempistiche riportate dal sito del Comune (www.romasitrasforma.it), la gran parte delle opere per il 2025 termineranno comunque dopo il Giubileo. Non sarebbe proprio un grande successo d’immagine per il governo Meloni con i previsti 35 milioni di visitatori che si incolonneranno verso Roma. Se anche Bergoglio ha chiesto una «città più vivibile» (Te Deum del gennaio 2023), per «pellegrini, anziani e fedeli con qualche disabilità», forse è proprio il caso di individuare chi sia capace di mettere a frutto il generoso budget per l’evento da 2 miliardi. Oppure confidare in un miracolo. 

 

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