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Roma, l'assurda guerra alle automobili d'epoca nella grande ztl

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Claudia Osmetti
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E dire che fanno pure atmosfera. Le vecchie Cinquecento, il Maggiolone, Audrey Hepburn e Gregory Peck in sella alla Vespa, davanti al Colosseo, in Vacanze romane. A metà tra il mito del boom economico e quella nostalgia-canaglia, un po’ retrò, un po’ tempi andati, un po’ persino oculatezza ché se una macchina circola ancora dopo quaranta, cinquant’anni significa che è stata tenuta al meglio. Alla faccia dello spreco. E invece no. Invece a Roma no: nella Fascia verde (ossia il “recinto” del blocco del traffico capitolino) le auto d’epoca, il Comune, non ce le vuole.

Niente, sa-lo-smog-signora-mia? Circa un mese fa (era fine marzo) il sindaco dem Roberto Gualtieri ha confermato lo stop ai veicoli più inquinanti all’interno della maxi Ztl (quella verde, appunto). E nel provvedimento ha confermato anche loro. Le macchine del passato, quelle che di elettrico, è vero, non avevano manco i finestrini (che comunque restavano a emissione zero perché c’era la manovella): con qualche deroga sparsa qua e là, come l’esenzione “sabbatica” (nel senso che dalle 20 del venerdì a tutta la giornata del sabato, autoveicoli e motoveicoli di interesse storico e collezionistitico, purché iscritti in appositi registri al primo novembre del 2023, possono scorrazzare dentro la circonvallazione), ma in generale il motore va spento e arrivederci. Anzi, neppure arrivederci. Ché qui, cioè sul Tevere, non sono serviti a nulla i ricorsi presentati dall’Automotoclub storico italiano, l’Asi, l’ultimo dei quali, mesi fa, per la mancata applicazione di una sentenza del Tar, il Tribunale amministrativo regionale. E prima, evidentemente, non era servito nemmeno il pronunciamento proprio del Tar del Lazio che, a ottobre dell’anno scorso, l’aveva detto chiaro: i provvedimenti di limitazione alla circolazione per i veicoli d’epoca vanno annullati.E non è servito a nulla che la giunta regionale laziale abbia approvato una mozione (a inizio aprile) per consentire quello che il Campidoglio non vuole consentire, cioè per chiedere, come sottolinea l’agenzia di stampa Ageei, al Comune di ottemperare in todo alla sentenza del Tar; e forse non servirà a nulla che Fabrizio Santori, che è un consigliere della Lega al Comune di Roma, abbia, in questi giorni, depositato un’interrogazione per chiederne conto a Gualtieri e compagni: «Il fanatismo eco-chic della sinistra», scrive il leghista, «dimentica perfino le sentenze piuttosto che sforzarsi per depotenziare un provvedimento fortemente penalizzante».

 

 

Ha ragione, Santori. Ha ragione da vendere. Ma non perché lo diciamo, perché lo dicono i numeri. Quelli della motorizzazione civile. A Roma, con una popolazione di 2,8 milioni di abitanti, ci sono appena 9.945 auto d’epoca: 9.945 auto d’epoca rappresentano solo lo 0,25% dei mezzi circolanti e “macinano” lo 0,014% del totale dei chilometri percorsi annualmente sull’asfalto capitolino. Sor Gualtieri, davvero, spassionatamente, col cuore in mano, senza intento polemico alcuno: ma è questo il problema? Crede sul serio che tenendo in garage qualche decina di Giulietta del ’78 la qualità dell’aria attorno a San Pietro migliori? Lo sa che a Milano, che tra l’altro non è esattamente una città a misura di automobilista, l’Area B (il corrispettivo della sua Fascia Verde) è accessibile a tutti i veicoli di interesse storico con almeno 40 annidi immatricolazione, mentre quelli con più di vent’anni hanno a disposizione, oltre a tutti i fine-settimana, anche 25 giorni gratis l’anno?

 

 

No, perché sennò non ci si capisce. «Come hanno espresso il Consiglio di Stato e il Tar del Lazio nelle rispettive sentenze a fronte di nostri ricorsi», spiega infatti a Libero Alberto Scuro, il presidente dell’Asi, «le restrizioni alla circolazione dei veicoli storici rappresentano provvedimenti non proporzionati rispetto all’obiettivo di contenere e ridurre le emissioni inquinanti. Con la giunta capitolina», aggiunge, «c’è sempre stato dialogo e continuerà ad esserci, affinché possano essere considerate le nostre proposte di deroghe, fondate sul buon senso e sulla responsabilità. Non vi è evidenza, aveva ribadito il Consiglio di Stato, che le restrizioni alla circolazione dei veicoli storici impattino concretamente sull’obiettivo della riduzione delle componenti inquinanti, sicché le stesse non possono essere equiparate alle misure limitative della circolazione degli altri veicoli. Spero si possano fare ulteriori passi avanti verso la diffusa consapevolezza che il motorismo storico non sia un problema, ma che anzi rappresenti un’eccellenza italiana da tutelare e promuovere per il bene del sistema Paese». 

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