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Giuseppe Conte, le mille balle in campagna elettorale: fino a dove si è spinto

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Michele Zaccardi
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Di una cosa gli va dato atto: di abiure non vuol sentir parlare. Al contrario di Elly Schlein, che ha disconosciuto quasi tutto quello fatto dal Pd negli ultimi anni, lui non rinnega niente. Anzi, rivendica: Superbonus, reddito di cittadinanza, Pnrr. Peccato però che i numeri a cui si aggrappa per dare fondamento alle sue affermazioni siano, quasi sempre, esagerati. Ecco, dunque, una piccola antologia delle bufale di Giuseppe Conte, partendo dalla maxi agevolazione edilizia, introdotta dall’ex premier (e dall’allora ministro dell’Economia, il dem Roberto Gualtieri) con il Decreto Rilancio del 19 maggio 2020.

1) «Sul Superbonus è stata montata una cagnara indegna, è diventato il super alibi del governo. Lo hanno gestito loro, Draghi e Meloni, io l’ho gestito per qualche mese».
È vero che Conte è rimasto a lpotere soltanto fino al febbraio 2021 e che la maxi agevolazione edilizia è stata gestita soprattutto dal governo Draghi (fino al 22 ottobre 2022) e poi da quello Meloni. Ma è anche vero che la legge di bilancio per il 2021 (scritta dai giallorossi) estese la scadenza del Superbonus di sei mesi fino al 30 giugno 2022. Ma c’è dell’altro. A parte il costo - 153 miliardi di euro, più altri 23 miliardi per il Bonus Facciate - su cui Conte non si sofferma mai, il problema del Superbonus è che è stato disegnato male. E la colpa non può essere che del leader delM5s e di Gualtieri. A mettere in fila le criticità della misura è l’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Il primo rilievo sottolineato dall’Upb riguarda l’ammontare dell’agevolazione: l’aliquota fissata al 110%, scrivono i tecnici, «ha comportato che la spesa incentivata fosse interamente a carico dello Stato eliminando di fatto il contrasto di interessi tra acquirente e fornitore». In secondo luogo, si critica «la possibilità di fruire dell’agevolazione attraverso lo sconto in fattura e la cessione del credito, che ha allargato la platea dei beneficiari a soggetti incapienti». Infine, il fatto più incredibile: i fondi per il Superbonus non erano a esaurimento. L’Upb stigmatizza infatti «la mancanza sin dall’inizio di meccanismi di autorizzazione preventiva che avrebbero reso possibile l’inserimento di un tetto di spesa senza ledere i diritti acquisiti dei beneficiari».

 

 

2) «Io sono quello che in piena pandemia ha fatto ripartire il Paese, in tre anni il 13% di Pil».
É vero che dal 2020 al 2023 il Pil è cresciuto del 13,6%, ma non è certo tutto merito di Conte, che ha governato fino a febbraio 2021. E poi c’è l’effetto rimbalzo: dopo un crollo dell’8,9% nel 2020, il Pil è aumentato dell’8,3% nel 2021.

Non solo. In diverse occasioni, il leader M5s ha detto che la crescita che si è registrata dopo la pandemia è stata determinata quasi interamente dal Superbonus. Il che, tocca ricordarlo, non è vero. Certo, un impatto c’è stato, ma di gran lunga inferiore ai numeri riportati da Conte. Secondo l’Istat, nel biennio 2021-2022 la crescita aggiuntiva in termini reali attribuibile al 110 e al Bonus facciate oscilla tra 1,4 e 2,6 punti di Pil.

Inoltre, gli incentivi edilizi assomigliano a una droga: perché abbiano effetto, bisogna continuare ad assumerli. Siccome non si tratta di misure che incidono sul potenziale di crescita dell’economia, spiegava qualche tempo fa uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, «nel momento in cui lo stimolo viene azzerato si genera un effetto recessivo» che «è di uguale dimensione rispetto all’originario stimolo espansivo».

3) «Il buco di bilancio non è certificato da nessuna parte e soprattutto nel 2023, faccio solo un esempio, si sono avvantaggiati di 140 miliardi di maggiore gettito».
In questo caso i numeri sono molto esagerati. E non si capisce bene da dove vengano. Tra il 2020 e il 2023, le entrate correnti sono cresciute di 191 miliardi di euro, toccando i 972,6 miliardi l’anno scorso. È probabile che Conte attribuisca dunque al Superbonus quasi tutto l’incremento di gettito che si è registrato in quel periodo. Una stima un po’ azzardata. Anche perché è smentita dall’Agenzia delle Entrate che nel suo ultimo rapporto “Gli immobili in Italia 2023” dedica un intero capitolo al Superbonus. Tra le altre cose, nello studio si calcola quanta parte dei costi sostenuti dallo Stato è stata coperta dalle entrate generate dall’incentivo edilizio. La misura, al contrario di quanto dice Conte, non si è ripagata da sola: il gettito complessivo è stato pari a poco più del 19% della spesa. Rapportando questa percentuale agli ultimi dati Enea relativi a fine aprile (122 miliardi di spesa) si arriva a stimare maggiori entrate per appena 23 miliardi. Quanto poi al buco di bilancio, tocca ricordare che lo ha certificato l’Istat quando, a marzo scorso, ha diffuso la stima preliminare per il deficit 2023. Il tiraggio sopra le attese del Superbonus ha gonfiato infatti il disavanzo al 7,2% del Pil dal 5,3% indicato nella Nota di aggiornamento al Def.

Cifra poi rivista ancora al rialzo al 7,4%. Eccolo dunque il buco: l’anno scorso lo Stato si è ritrovato oltre 40 miliardi di euro di spesa in più rispetto alle previsioni.

4) «Abbiamo portato 209 miliardi di euro».
Conte si riferisce non solo ai 191,5 miliardi di euro del Pnrr (aumentati in seguito alla revisione a 194,4) ma anche ad altri 17 miliardi che, attraverso il Fondo Next Generation EU, l’Unione europea ha destinato all’Italia in seguito alla pandemia. Totale: 209 miliardi, appunto. Come fa sempre, il leader M5s rivendica di aver ottenuto gran parte dei 750 miliardi di euro che l’Ue ha messo a disposizione per tutti gli Stati membri. Ma è davvero merito suo? Per niente. A mettere in chiaro come sono stati divisi i fondi europei è stato il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, che ha ricordato che le assegnazioni sono state fatte attraverso un algoritmo. In sostanza, le risorse sono state distribuite in base a parametri come la popolazione, la disoccupazione e la variazione del Pil tra il 2020 e il 2021. L’obiettivo era dunque dare una quota maggiore di fondi a quegli Stati che avevano sofferto di più le conseguenze della pandemia. E l’Italia era tra questi.

 

 

5) «Abbiamo aumentato anche noi le spese militari perché abbiamo delle forze armate che ci hanno aiutato in pandemia. Io ho fatto degli stanziamenti, ma non sono mai arrivato a quel 2% rispetto al Pil. È un impegno che era stato preso prima di me, non l’ho negato perché gli impegni si rispettano».
Si finisce sempre lì, alla pandemia. Una scusa un po’ goffa. Per il resto, Conte continua a opporsi a un incremento della spesa militare, come se l’accordo sottoscritto dall’Italia in sede Nato nel 2014 per portarla al 2% del Pil non valga per il governo di Giorgia Meloni. E poi, quando era a Palazzo Chigi, il leader M5s ha incrementato del 17% gli stanziamenti per la difesa: tra il 2018 e il 2021, i sui due governi li hanno portati da 21 a 24,6 miliardi di euro l’anno.

6) «Diremo sempre no ad altri invio di armi a Kiev».
Dalle parole di Conte sembra che l’Italia abbia spedito munizioni e armamenti per decine di miliardi di euro, sottraendoli ad altre voci di spesa, come per esempio la sanità. Ma non è così. I dati del Kiel Institute, aggiornati al 29 febbraio di quest’anno, parlano chiaro: dallo scoppio della guerra, il nostro Paese ha erogato 1,73 miliardi di euro all’Ucraina, lo 0,09% del Pil. Di queste risorse, solo un miliardo è relativo a spese militari, il resto sono fondi per l’assistenza umanitaria e finanziaria.

7) «Il governo ha fatto un grave danno smantellando il reddito di cittadinanza, ha fatto cassa sui poveri per all’incirca un miliardo e 700mila euro».
Sul reddito di cittadinanza il costo prevale su ogni considerazione di merito. Perché la misura varata dal governo Conte I è stata troppo onerosa. Dalla sua introduzione nell’aprile 2019 a dicembre 2023, quando è stato sostituito dall’Assegno di inclusione, il Rdc è costato oltre 34,5 miliardi. Ogni mese un milione e 121mila famiglie hanno ricevuto il sussidio, per un importo medio mensile di 540,38 euro. Oltre al costo, bisogna considerare le frodi: da aprile 2019 al primo semestre 2023 sono stati denunciati 48.392 furbetti, mentre i contributi indebitamente percepiti o richiesti ma non ancora riscossi ammontano a 506 milioni di euro. 

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