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Morani, ricorso contro Gualtieri: Pd, le comiche finali dopo il voto

Pietro Senaldi
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Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, nella sua natura è più simile a Giulio Andreotti che a Elly Schlein. Benché strimpelli alla chitarra, decorosamente, Bella Ciao e Comandante Che Guevara, più che un rivoluzionario è un situazionista con tendenza alla staticità. Il defunto statista democristiano, esperto in motti che diventavano lezioni di vita e di governo, era solito sostenere che non esiste nessun problema al mondo così grande da resistere nel tempo alla sua mancata soluzione. Gualtieri ha fatto di questa massima una regola di governo, applicandola ai cinghiali, ai rifiuti, alle buche in strada, alla tendopoli della Stazione Termini. I romani hanno mangiato la foglia e aspettano che, dopo Virginia Raggi, passi anche questa calamità che si sono votati.

C’è una cosa però sulla quale la strategia del sindaco di fare l’indiano difficilmente la spunterà. È il tormentone dei risultati del voto per le Europee, che a distanza di dieci giorni la Capitale, unica città tra le migliaia dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea, non è ancora riuscita a fornire. Una figuraccia continentale sulla quale Gualtieri sta provando a scivolare come se la vicenda non lo riguardasse. In quanto ex europarlamentare, il primo cittadino dem è frequente ospite di trasmissioni televisive dove prova a spiegare come in realtà Giorgia Meloni non abbia vinto le elezioni, e le destre ancora meno di lei.

 

 

 

PROBLEMA DI NUMERI

Certo, spiega l’illuminato, Fratelli d’Italia ha aumentato i consensi di due punti e Marine Le Pen ha più che doppiato Emmanuel Macron, ma la maggioranza Ursula ha ancora un pungo di voti ai quali aggrapparsi per perpetuarsi. Tutto merito dei Popolari, che sono aumentati di una dozzina di seggi, mentre i partiti della sinistra ne hanno persi decine.
Quel che conta per i tecnici della sinistra - e Gualtieri passa per tale, anche se la prova del buon amministratore la sta fallendo alla grande- è la ragione dei numeri, non le ragioni degli elettori. Pertanto il nostro appare con la faccia paciosa e soddisfatta del vincente, a dar lezioni e spiegare come saranno distribuite le europoltrone.

Quel che agli occhi di chi lo ascolta non torna è come un uomo che da dieci giorni, unico in Europa, non riesce a fornire i numeri giusti dei voti nella sua città, discetti poi su come dovranno essere utilizzati i voti dell’intero continente. Settantotto - la bella figliola, nella smorfia napoletana- è il numero che va di traverso a Gualtieri, che bella donna non è ma bel tomo sì. Sono le sezioni elettorali di Roma che ancora non si sa come hanno votato.

Colpa del sistema informatico di conta, che il Comune ha cambiato, e probabilmente non ha testato. È andato in tilt la notte fatidica, quando il sindaco, nel tentativo di rimediare, ha precettato tutti i taxi e deportato i presidenti di seggio, con scatoloni elettorali, presso la Fiera di Roma, per un riconteggio. Sfortuna ha voluto però che in 78 sezioni il numero dei votanti non combaciasse con quello delle schede, e allora della pratica si è dovuto occupare il ministero della Giustizia, che però difetta di personale e ha un cervellone che è andato pure lui in tilt. Così il sindaco ha dovuto dislocare presso il tribunale qualche impiegato comunale per un nuovo riconteggio. Il mistero è che saranno in tutto 12-15mila voti ma in una settimana ancora non si è venuti a capo di nulla.

 

 

 

CAOS IMPUNITO

Gualtieri, impermeabile almeno quanto inadeguato a tutto, è in tour post-elettorale e, a chi gli chiede spiegazioni sull’accaduto, risponde che è colpa dei ministri Guido Crosetto, che ha gufato, e Matteo Piantedosi, colpevole di essersi lamentato. Il guaio per il primo cittadino, però, è che Alessia Morani, prima tra i non eletti nelle liste democratiche del Centro Italia, la pensa come i due esponenti del governo. «A più di dieci giorni dalle elezioni, ancora non so quanti voti abbiamo preso in totale. Su come sono andate le operazioni di spoglio a Roma, molte cose devono essere ancora chiarite» si lamenta l’onorevole, che non vuole più tornare a essere una ex e ha presentato ieri una richiesta d’accesso agli atti, preludio di un già annunciato ricorso. «Questione di principio e trasparenza» spiega l’esponente democratica; oltre naturalmente che di poltrone.

La Morani avrà trenta giorni di tempo per presentare ricorso dal momento della proclamazione degli eletti, che nessuno è attualmente in grado di prevedere quando avverrà. Se lo farà, sarà un incubo, Gualtieri però certo non perderà il sonno e continuerà a offrire le proprie analisi su Bruxelles incurante del caos in casa sua. Possibile che in dieci giorni questo supposto uomo del fare e dei numeri non si sia risolto a prendere inmano la situazione e metterci la faccia? Fosse successo a qualcun altro, già sarebbero partite le inchieste su come mai è stato cambiato il sistema informatico di conteggio, su chi ha deciso, su quanto ha pagato il Comune di Roma per questa figuraccia. Ma è più facile che spunti un seggio per tacitare la Morani piuttosto che si alzi qualcuno per far chiarezza nelle scelte del potere dem romano. Mica siamo in Liguria...

 

 

 

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