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Sergio Mattarella smonta la campagna giallorossa su poteri e limiti del governo

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Elisa Calessi
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Alla fine, nella polemica innescata dalle parole di Matteo Salvini contro Sergio Mattarella, è intervenuta Giorgia Meloni. Con una dichiarazione che prende a difesa il Quirinale («Io non ho letto alcun attacco al governo») e spegne una diatriba che, si valuta da Palazzo Chigi, avrebbe solo danneggiato l’esecutivo. Il lieto fine tra i due Palazzi è siglato da fonti del Quirinale che definiscono «corretta» l’interpretazione della premier. Tutto nasce da alcune parole pronunciate mercoledì dal presidente della Repubblica, nel discorso cha ha aperto la 50esima Settimana sociale dei Cattolici. Attenzione, aveva detto Sergio Mattarella, perché il diritto della maggioranza a governare può diventare «assolutismo di Stato».

«Una democrazia della maggioranza sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione, per la confusione tra strumenti di governo e tutela della effettiva condizione di diritti e di libertà». Quindi, citando Egidio Tosato, cattolico che aveva partecipato alla Costituente, aveva ricordato che «la presunta volontà generale non è in realtà che la volontà di una maggioranza e che la volontà di una maggioranza» può essere «più ingiusta e oppressiva che non la volontà di un principe», così da diventare «assolutismo di Stato».
Parole che facevano parte di un discorso alto, dotto, sull’anima della democrazia. Con citazioni da Rousseau a Tocqueville. Difficile, però, non leggere riferimenti al presente, a cominciare dal tentativo della maggioranza di cambiare la Costituzione usando i numeri consegnati dalle urne. Interpellato sulle parole di Mattarella, Salvini, ieri, ha risposto così: «Assolutismo? Il popolo vota, il popolo vince, il popolo decide.

 

E chi è scelto per governare, governa. Non faccio filosofia, faccio politica». E ha aggiunto: «In Italia come in Francia chi prende i voti governa, nel rispetto delle regole, della democrazia, delle minoranze, della trasparenza». Semmai il problema è opposto ed è che «la minoranza spesso e volentieri si comporta da maggioranza, pretendendo di imporre alla maggioranza politica e culturale del Paese il suo modo di vivere e ragionare. Semmai quindi qua c'è il problema della dittatura delle minoranze, non il contrario». Quanto a Mattarella, «penso che il Presidente sia così rispettoso del governo eletto dai cittadini che mai e poi mai potrebbe polemizzare con delle riforme scelte dai cittadini».

Miccia accesa, incendio sicuro. Il primo a scagliarsi contro il leader del Carroccio è stato il leader di Avs, Angelo Bonelli: «La destra governa il Paese a colpi di decreti legge e voti di fiducia, dovrebbe andare a rileggere e studiare la Costituzione». Da via Bellerio, intravedendo la slavina, si è precisato: «Matteo Salvini ha grande stima del Presidente della Repubblica: la riflessione del vicepremier e ministro non era indirizzata al Capo dello Stato».

Laconico commento di Antonio Tajani: «Non commento le parole del Presidente della Repubblica». E a sera è Meloni a chiudere il caso. «Io francamente non ho letto un attacco al governo e penso che non si faccia un favore alle istituzioni di questa Repubblica se ogni cosa che dice il Presidente viene strumentalizzata come se fosse il capo dell'opposizione. Il discorso del Presidente era un discorso molto alto ed è un discorso che io condivido». Parole che vengono apprezzate anche da fonti vicine al Quirinale che ritengono «corretta» la valutazione del presidente del Consiglio. Spento l’incendio con il Quirinale (che «proprio non ci voleva», si dice a Palazzo Chigi), la premier attacca il Pd: «A sinistra vedo gente che esulta come allo stadio» per le parole di Mattarella ma «se non esiste un assolutismo della maggioranza figuriamoci se può esistere un assolutismo della minoranza. Lo abbiamo purtroppo visto quando la sinistra era al governo, quando c'era gente che perdeva le elezioni e che arrivava al governo e alla fine ti dicevano pure se potevi o no uscire di casa», ha spiegato a Del Debbio su Rete4.

 

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