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Liguria, Andrea Orlando in campo strizza subito l'occhio ai giudici

Andrea Muzzolon
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«Sono pronto a correre per ricostruire. Io ci sono» dice Andrea Orlando. Ma subito dopo: «Se ci sono altri nomi, se ci sono perplessità sul mio, se si pensa che ci sia qualcuno più adatto, è il momento di tirarli fuori». Un tira e molla quasi stucchevole quello del candidato in pectore alla presidenza della Regione Liguria, che però preferisce non sbottonarsi in attesa dell’endorsement di tutta l’opposizione.

Eppure, subito dopo l’intervista al Secolo XIX, a lanciare la volata al dirigente dem ci hanno pensato Repubblica e La Stampa. La prima, riportando un dialogo avuto con Orlando, invita i partiti della sinistra a «fare in fretta». La seconda, ripropone le frasi del dem ai dirigenti dell’opposizione durante un incontro a Camporosso, in provincia di Imperia.

«Entro agosto dobbiamo avere programma e candidato, il centrodestra è in una fase complicata, non perdiamo l’occasione»: un ultimatum che, considerando i tempi strettissimi, sa di imposizione della sua candidatura. Ma, ricordiamo, «se ci sono altri nomi»... Eppure, l’ex ministro è già in campagna elettorale e si intuisce da come parla. «La democrazia ligure è stata bombardata e a noi tocca ricostruire». Non bombardata dai giudici che hanno tenuto in ostaggio Giovanni Toti, ai domiciliari, e la Regione per 3 mesi.

 

No. Per Orlando «le dimissioni di Toti, che vengono raccontate come una sorta di frutto di persecuzione della magistratura, in verità sono la conseguenza di una crisi politica, di una rottura all’interno della coalizione». Evidentemente, già intento a progettare la corsa elettorale, il deputato del Pd non dev’essersi accorto di cosa stava accadendo. Non è un caso poi che, da quasi candidato sicuro alle Europee, il suo nome sia sparito dalle liste. Il tutto, appena dopo la convalida del fermo a Toti.

«In Liguria non c'è stato alcun golpe. E lo dimostra il fatto che chi denuncia il presunto golpe a gran voce poi non assume alcuna iniziativa al riguardo: ci sono parlamentari e ministri che parlano dei giudici come teppisti. Ma non è stata attivata alcuna azione disciplinare». Insomma, secondo lui il governo sarebbe dovuto scendere in piazza - un po’ come ha fatto il Pd per chiedere le dimissioni del governatore- o, peggio, chiedere sanzioni per gli inquirenti. Una sorta di sovvertimento dell’ordine democratico. Purtroppo per la campagna di Orlando non c’è stato. Lui però, «se non ci sono altri nomi», ça va sans dire, continua la sua corsa.

 

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