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Campo largo, sinistra a pezzi alla Camera: 4 mozioni diverse

Elisa Calessi
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Non solo la politica estera. Persino la cittadinanza finisce per dividere il cosiddetto campo largo. «Sensibilità diverse», minimizzano nel Pd. Ma alla fine, il bilancio è questo: quattro testi diversi, tutti e quattro bocciati. Ma più della bocciatura, a bruciare è il fatto di non essere riusciti a presentare un unico testo.

E così, quella che doveva essere una giornata di battaglia parlamentare delle opposizioni su un tema particolarmente identitario, è stata un’altra dimostrazione delle visioni differenti presenti nel campo che vuole diventare un’alternativa alla maggioranza. Il primo documento era firmato da Pd, Avs e Più Europa. Presentato da Ouidad Bakkali, conteneva 5 punti salienti. Primo, lo ius soli, ossia il riconoscimento della cittadinanza per i minori nati in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno vive con un permesso di soggiorno regolare nel nostro Paese da almeno un anno al momento della nascita del figlio.

Secondo, lo ius scholae, per cui la cittadinanza si riconosce a coloro che, arrivati in Italia da minori, abbiano frequentato almeno 5 anni di scuola dell’obbligo. Si proponeva, poi, di ridurre il vincolo della residenza continuativa da dieci a cinque anni per chi non appartiene a uno Stato dell’Ue, a 3 anni se appartiene ad uno Stato Ue, a 2 se rifugiato. Quindi, impegnava il governo a semplificare una serie di modalità. Infine, chiedeva di riconoscere a tutti i minori nati in Italia o con background migratorio la possibilità di essere tesserati presso le federazioni sportive nazionali.

 

Molto più blanda la mozione del M5S (presentata da Vittoria Baldino), che si limitava a chiedere al governo di «adottare ogni opportuna iniziativa di carattere normativo ed amministrativo» affinché «la cittadinanza italiana sia riconosciuta ai minori stranieri, nati o giunti in Italia, che abbiano frequentato e concluso, nel territorio nazionale, uno o più cicli scolastici» e poi di garantire «politiche efficaci di inclusione scolastica». Non a caso questo testo è stato l’unico su cui il governo ha espresso parere favorevole, chiedendo, però, una riformulazione che limitasse il documento al secondo impegno. Rifiutata la riscrittura, è stato bocciato.

La terza mozione era di Italia Viva. Si proponevano 3 modalità per ottenere la cittadinanza: ius soli, ius scholae e ius universitatis. Garantire, cioè, la cittadinanza ai nati in Italia da genitori stranieri, ai minori stranieri che abbiano frequentato regolarmente per almeno 5 anni, uno o più cicli dell’obbligo scolastico e ai ai cittadini europei e stranieri che abbiano frequentato almeno un ciclo universitario in Italia e che, acquisito il titolo, abbiano lavorato in Italia per due anni continuativi. Quindi, la mozione di Azione che puntava allo ius scholae e chiedeva di riconoscere la cittadinanza «per i minori nati in Italia o che vi abbiano fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo annodi età qualora abbiano frequentato regolarmente un percorso formativo per almeno cinque anni nel territorio nazionale».

 

Ora l’unica strada è il referendum. Ma anche su questa mobilitazione non mancano le distanze. E dubbi normativi li ha espressi ieri anche l’ex presidente della Consulta Cesare Mirabelli, secondo cui c’è un serio rischio che il quesito non sia ammissibile: «Il nostro sistema prevede referendum abrogativi, il problema che si pone se il quesito è “a ritaglio”, cioè elimina alcune parti e parole, è che a volte non si abroga una norma ma se ne introduce una nuova. In tal caso ci troveremmo di fronte ad un referendum propositivo non ammissibile».
 

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