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Alma Fazzolari: "La 'poltrona' che ho trovato era già la mia"

Lucia Esposito
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Fino a qualche mese fa Alma Fazzolari era conosciuta solo per essere un’importante manager Tim, la prima dirigente donna della divisione rete della società. Mai nessuno aveva fatto caso al suo cognome. E invece da qualche settimana spira il venticello della calunnia «quell’auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando; nelle orecchie della gente s’introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar...».

Da quando la rete Tim è stata venduta a una cordata guidata dal fondo Usa KKR e 20mila dipendenti sono confluiti nella sua società FiberCop, è cominciata a girare la voce maligna che la dottoressa Fazzolari abbia trovato un posto grazie a suo fratello Giovanbattista che siede su una poltrona ben più importante, in quanto sottosegretario alla presidenza del Consiglio. La notizia appare un paio di settimane fa sul Riformista sotto il titolo «Alma Fazzolari trova una poltrona in FiberCop (controllata dal Mef)», la dottoressa manda una precisazione e il direttore Claudio Velardi chiede scusa. Ieri La Stampa dà conto delle 1800 uscite anticipate che poi sono volontarie- il 10% dei 20mila dipendenti di FiberCop e Dagospia riprende la notizia chiedendo se «la FiberCop che manda a casa 1800 persone è la stessa che ha appena assunto Alma Fazzolari, sorella del Sottosegretario Giovanbattista».

 

 



Dottoressa Fazzolari, veniamo al punto. Quando è stata assunta?
«Sono stata assunta nel Gruppo Tim (Telesoft) nel 1992 all’età di 23 anni. Nel 1996 sono passata in Tim dove sono sempre rimasta seguendo da ultimo le confluenze aziendali, con particolare riferimento alla cessione di ramo d’azienda che ha portato al trasferimento di 20mila dipendenti, compresa la sottoscritta, in FiberCop. Quando sono entrata in Tim nel 1996 ero la prima donna responsabile in ambito del centro nazionale di supervisione Tim... E non c’era neanche un bagno per donne in tutto l’edificio, mi toccava andare due palazzine più in là».

Nel 1992 che cosa faceva suo fratello?
«Nel 1992 mio fratello aveva 20 anni, andava all’Università e faceva già politica».

Che ruolo svolge in FiberCop e da quanto lo ricopre?
«Temo che sia talmente tecnico e specifico che possa voler dire molto poco a chi non è del settore. Sino al 2015 ho ricoperto ruoli di responsabilità prevalentemente nella Divisione Rete (ingegneria, esercizio, pianificazione, traffico, qualità, revenue assurance) ma anche nella divisione marketing sia business che consumer. Dal 2015 è stata creata la nuova funzione di cui sono da allora responsabile che ha il compito di definire, in accordo con le divisioni tecniche, regolatorie e istituzionali, ed in linea con la strategia aziendale, il posizionamento tecnico strategico unico da esportare nei tavoli regolatori, istituzionali, associativi e nei confronti dell’Organo di Vigilanza».

Che formazione ha?
«Sono cresciuta all’estero. Ho frequentato scuole francesi, spagnole e italiane. Ho il diploma francese e parlo 4 lingue: italiano, francese, spagnolo e inglese. Mi sono laureata con lode in Fisica alla Sapienza di Roma a 23 anni compiuti da pochi giorni. Ho conseguito l’Executive Master in Business Administration alla Luiss».

Quanto è ingombrante il suo cognome?
«Mio fratello è stato nominato sottosegretario circa due anni fa, prima non era un volto noto. Sono dirigente Tim da più di 23 anni, quindi finora nessuno pensava a me come la “sorella di”. La mia piccola notorietà nel mio ambito lavorativo era dovuta a tutt’altro: al coordinamento di progetti strategici sin dagli anni ’90, ad esempio, il lancio del Gprs, prima tecnologia che abilitava i dati sui cellulari e che ancora oggi è funzionante e utilizzata in alcune aree. Il lancio del Gprs mi è valsa la nomina a dirigente nel 2001 diventando così la prima donna dirigente della divisione Rete di TIM. Ricordo che una volta, mentre aspettavo l’inizio di una importante riunione, entrarono due miei colleghi e, vedendo una giovane donna, mi diedero i cappotti credendo che fossi una hostess. Negli ultimi giorni è oggettivo, e lo trovo fortemente offensivo, che senza alcun approfondimento della mia storia professionale, il mio cognome sia stato utilizzato per fini terzi colpendo in maniera vigliacca la professionalità di una donna e di una madre mai scesa a compromessi. Ripeto, trovo squallido e vile offendere una persona con questi metodi. Approfitto per ringraziare i tanti, tantissimi che mi hanno testimoniato il loro supporto e che si sono indignati».

Che rapporti ha con suo fratello? Può in tutta onestà dire di non essere mai stata raccomandata?
«Ottimi rapporti e mutua stima. È una delle persone che più stimo, che si è fatto anche lui da solo, grazie al suo talento, alla sua preparazione e alla sua integrità. Per quanto riguardale domande sulle raccomandazioni...basta leggere le risposte sopra e le trovate. Il problema è il contrario. È purtroppo oggettivo che questi attacchi e queste insinuazioni possono solo danneggiare chi lavora seriamente e onestamente».

 

 

 

Lei come altri dipendenti Tim è passata in FiberCop lo scorso luglio. Ci può spiegare le vicende aziendali che l’hanno portata sulla poltrona che ricopre?
«Il termine poltrona è quello usato da chi si è inventato questa storia per denigrare me e mio fratello. FiberCop non fornisce poltrone ai dirigenti, ma assegna responsabilità. Comunque, il ramo di azienda che ha portato alla formazione di FiberCop è composto da 20mila dipendenti. La mia funzione è confluita in FiberCop ed io con lei in qualità di responsabile».

Si sente calunniata?
«Non mi sento calunniata, lo sono. Questi attacchi vili e vigliacchi senza alcun fondamento hanno impattato sulla mia sfera personale e lavorativa. Fortunatamente siamo in uno Stato di diritto e la diffamazione viene perseguita».

Agirà in sede legale?
«Sì».

 

 

 

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